Camminai diretta verso camera mia, dove lasciai cadere il pesante zaino e gettai via il cappotto sul letto con macelato disordine: ci avrei pensato dopo... In quel momento dovevo fare alcune cose al piano di sotto, dove c'era il computer.
Stropicciandomi gli occhi pesanti di stanchezza, scesi sgambettando le scale saltando le ultime due con un balzo, per poi atterrare sfurttando la velocità acquisita direttamente sulla sedia di fronte al monitor. Non mi presi nemmeno la briga di far luce alla stanza, limitandomi a premere il pulsante di accenzione dell'apparecchio ed aspettare che il lento affare si svegliasse.
Mi sentivo le membra pesanti, e più volte mi sorpresi a fissare il vuoto con occhi semichiusi…Sospirai stiracchiandomi sulla sedia: ero distrutta da un'ennesima giornata di scuola, e lo stress accumulato durante la giornata pareva essersi tramutato in pigrizia e sonnolenza. Sbuffai rassegnata: dopo quella ricerchina sul Web, avrei sicuramente fatto una dormitina per ricaricarmi…
Al pensiero, diedi appena un calcetto alla sedia girevole, cominciando a girare su me stessa: probabilmente sarebbe stata una delle cose più gradite della giornata, dato che l’unica alternativa che avevo era starmene seduta a fare i compiti.
Non appena mi fui fermata mi riattivai sbadigliando e digitai svogliatamente quanto necessario per poter avviare la connessione in Internet.
Fu solo dopo un po’ che me ne accorsi, forse perché ero troppo concentrata sulla ricerca, oppure (molto più probabilmente) perché così distaccata dal mondo a causa della stanchezza che non riuscivo bene a rendermi conto di ciò che stava succedendo attorno a me… Comunque, pian piano cominciai ad avere la percezione che qualcosa stava cambiando: non solo la stanza era divenuta più calda, ma avvertivo come una presenza accanto a me, dietro di me…Continuai a fare la mia ricerca come se niente fosse: probabilmente, la stanchezza mi stava giocando questo brutto scherzo. Magari avevo pure qualche linea di febbre… Scrollai la testa, tornando a concentrarmi sul monitor e battendo con più accanimento le dita sulla tastiera: dovevo smetterla di divagare, dovevo pensare un poco al lavoro.
Concentrazione… Concentrazione…Ma perché quel dannato affare era così lento?
In quell’istante, forse per quel causuale e futile stato di assorbimento in cui mi ero autoindotta, riuscii a percepire chiaramente uno sbuffo dietro di me: un soffio lieve, certo, come qualcuno che rilascia pian piano il fiato accumulato in gola per non farsi sentire...Ma comunque, per un istante ne avevo avuto un’ inconfutabile percezione.
Smisi istantaneamente di scrivere, allarmata: ne ero sicura, la finestra quando ero arrivata era chiusa… Possibile che me lo fossi immaginato, in una parodia delle voci che la gente sente quando è particolarmente esausta? Trattenni il respiro nel tentativo di ascoltare meglio il mondo circostante, troppo codarda per convincermi a girarmi… Dopo qualche momento, il rumore si presentò di nuovo, più forte: ma quale sospiro, era un vero e proprio getto d’aria calda!
Qualche altro istante d’immobilità e la curiosità ebbe la meglio sulla prudenza (o codardia), così decisi di voltarmi: con una spinta a terra del piede feci in modo da far ruotare la sedia girevole. Il cuore che batteva all’impazzata nell’attesa che precede l’impatto con un qualsiasi cosa, senza sapere cosa aspettarmi dietro di me : un assassino? Un maniaco? Un bel niente? Un…
Nemmeno con tutta la fantasia del mondo sarei riuscita ad immaginare cosa c’era dietro di me in quel momento… Forse proprio per quel pizzico di logica che permea ogni pensiero di un qualsiasi adolescente od adulto, e che rende queste due categorie di persone tanto vanitose ed impettite di fronte alle fantasie infantili.
Avendo dato troppo slancio col piede per la rotazione della sedia feci in tempo a scorgerlo solo per un attimo, così da ritrovarmi quasi subito a guardar nuovamente e di sfuggita il monitor del computer… Ma, non avendo esaurito lo slancio, il girotondo continuò fin quando, per ironica casualità, non mi ritrovai direttamente di fronte al capo di quell’essere: un muso squanoso, affilato, nero come la pece eccetto che per quelle punte d’avorio madreperlato, per i due occhi allungati, d’un azzurro ghiaccio di eccezionale bellezza… E per le due zanne d’avorio accuminate e letali, visibili appena nella parte più avanti del muso della creatura, probabilmente solo la punta dell’iceberg di quell’enorme chiostra di denti che deve avere nascosta tra le fauci.
Sentii il corpo pervaso da un brivido, una specie di misto tra paura ed eccitazione: era….Era… Strizzai un momento gli occhi, incapace di riuscire anche solo a pensare quella parola, quasi scatenasse un temibile potere solo se pronunciata. Stranamente, non mi sfiorava nemmeno l’idea che quella creatura fosse solo un frutto di una mia immaginazione, un’illusione dettata dalla stanchezza: era troppo concreta per essere un sogno, e poi solitamente i miraggi non espiravano aria calda, l’aria vissuta di una creatura reale…
Riaprjj gli occhi con lentezza, implicitamente incredula di essere anche solo riuscita a sopravvivere alla vista di quel possente essere… La creatura continuava a stagliarsi davanti a me, completamente immobile e dallo sguardo fiero, arcano, misterioso ed altero come quello di una tigre…Eppure, al tempo stesso, dolce e addoloratamente felice, in un’ambiguità straziante e potente.
Con una certa riluttanza che soccombette alla mia implacabile indole curiosa, girai lentamente il collo di lato per riuscire a vedere anche il corpo dell’essere, quasi ad ulteriore conferma per il nome dell’entità che avevo innanzi agli occhi… Ciò che vidi spazzò via brutalmente quei pochi e labili dubbi che mi erano rimasti in mente: un corpo nero e muscoloso da cacciatore, sinuoso e snello, seppur così grande che feci fatica a capire come riesca ad entrare tutto in quella stanza di casa mia, minuscola e misera rispetto a quell’enorme mole. Le zampe posteriori, leggermente più sviluppate di quelle anteriori, erano dotate come quest’ultime d’affilati unghioni d’avorio, simili alle punte cornee che si susseguivano su tutta la colonna vertebrale dell’essere a distanza quasi precisa l’una dall’altra, e che diventavano più minute sull’imponente coda, attorcigliata attorno ad una zampa posteriore con il fare tipico dei gatti accovacciati.
Mi soffermai un ulteriore istante sulla coda, poi da lì tornai a rivolgere lo sguardo verso il dettaglio più magnifico, a mio avviso, di quel corpo glorioso: semimimmetizzate per il medesimo colore rispetto al resto del corpo, le due ali membranose riposavano ai fianchi della colonna vertebrale, lasciando intendere la gloriosità pur essendo in quel momento placidamente ripiegate sui fianchi, con morbida naturalezza.
Solo quando riuscii a spostare nuovamente l’attenzione sul muso della creatura, i miei pensieri e la ragione tornarono a funzionare quel poco da riuscire ad urlarmi muti nella mente all’unanimità con tutto il mio stesso essere il nome della favolosa (nel vero senso della parola) creatura che avevo davanti. E’ un drago, riuscii infine ad articolarmi in testa. Ora che sono riuscita finalmente a constatarlo, stà a vedere cosa vuole lui da me continuai a monologare, in una logica ferrea che contrastava con i miei sentmenti di stupore e onnipresente curiosità.
Forse intuendo che avevo finito la mia ispezione, il drago finalmente si mosse, allungando il collo sinuoso fino a qualche centimetro dalla mia fronte, annusandomi con quanta delicatezza era possibile da una così imponente mole. Io rimasi impietrita, tesissima: aveva intenzione di mangiarmi? Ma allora perché attendere il riconoscimento da parte mia? O forse mi stava odorando perché faccio così schifo a vedermi che non è sicuro che valga la pena o meno di divorare una come me? La cosa non mi toccava più di tanto: tanto prima o poi sarei morta, no… ? Allora, perché attendere? E poi, quale fine migliore di essere divorata da una creatura simile?
Di colpo, il drago nero smise di annusarmi, per poi abbassare il muso quel tanto da potermi fissare negli occhi: le sue iridi ghiacciate erano talmente grandi e profonde che, se avessi ignorato volontariamente tutto il carico emotivo che trasportavano, avrei potuto tranquillamente perdermici dentro…
In quell’istante, riuscii a captare qualche movimento al piano di sopra: la porta di casa che si apriva e richiudeva, contemporaneamente all’inizio di una sequenza di passi leggeri ed affrettati di una persona che ben conoscevo, perché viveva con me da tutta una vita…
Impallidii appena, considerando l’imponente fardello che mi fissava al piano di sotto e di cui colei era completamente ignara.
-Ciao, Iris!- urlò mia madre con la sua solita voce un po’ affannata del dopo lavoro, rivolta ad un punto indistinto della casa non sapendo esattamente dove io fossi. Sbiancai ancor di più, non sapendo esattamente cosa fare per non turbare nessuna delle due anime che si trovano in quella casa con me…Diamine, ero stata ad osservare per un periodo di tempo indefinito un enorme creatura che fino a quel momento avevo creduto frutto di fantasie…Perché l’autocontrollo e l’invettiva venivano meno proprio di fronte a mia madre?
-Ehi, Iris! Iris?!- ripeté la voce di sopra, probabilmente uscendo dalla mia camera deserta.
Alchè, deglutendo, decisi finalmente di pronunciare un fliebile, quasi inudibile: -Ma…Mamma?-
Mossa sbagliata, probabilmente: con una calma tale che sarebbe stato impossibile anticiparne i voleri, il drago nero di fronte a me ritirò la testa con un movimento fluido, per poi spalancare di scatto le fauci ed eruttare una vampata di fuoco grigio-nerastra su di me.
4 comments:
Ciao Franceschina, passavo di qui...purtroppo non ho il tempo e la pazienza di leggera la tua storia (già so che è bellissima) ma ho letto questo piccolo post e mi è piaciuta molto la descrizione di questo drago misterioso...t.v.b
Direi che mi piace come hai editato il primo capitolo. Comunque edita gli errori di ortografia se hai tempo (in un pezzo hai scritto squanoso invece di squamoso). Ah, e se riesci a trovare un modo per far si che si sappia che aspetto ha la protagonista da umana fallo. Dopotutto non la si descrive com'è fatta quand'è ancora umana. A meno che nella storia non si deve sapere com'è da umana. Ah, e comunque, un consiglio per il capitolo 2. Quando fai la parte di lei sulla faccenda del non riuscire ad alzarsi in piedi, non fare che ha proprio le mani incollate a terra. Dopotutto i draghi sono capaci di impennarsi sulle zampe posteriori come fanno anche gatti e cani. Quindi penso che nella situazione in cui si ritrova quadrupede dovrebbe mettersi una senzazione differente.
Grazie mille, come vedi questo genere di commenti aiuta molto (alla descrizione da umana non ci avevo pensato esplicitamente... Avrei una mezza idea di aggiungere un capitolo da una parte in cui saltano fuori molti particolari della personalità antica della protagonista, ma sarò comunque più in là... E magari, ci aggiungerò pure qualche caratteristica fisica della ragazza).
Per la questione delle zampe, hai perfettamente ragione (rileggendo recentemente quelle parti mi sono accorta di aver fatto un mucchio di errori che avrei potuto evitare solo standoci un po' più con la testa mentre scrivevo)... Vedrò come comportarmi di conseguenza.
penso anche che dovresti descrivere meglio come Moony si trova all'interno della stanza. Dopotutto un drago all'interno di un'abitazione non ci può mica stare così come se niente fosse. Almeno con quella modifica adesso si capisce dove si trova quando gli sputa fiamme addosso. Ed il che è un bene. Ah, un'altro consiglio per il capitolo 2: quando si sveglia prima di notare le stranezze al corpo dovresti farle notare, tra le prime cose, che il suo olfatto ed il suo udito sono più potenti (dato appunto che quella è una cosa che si nota subito). Poi inoltre penso che dovresti anche descrivere che senzazione prova nell'avere delle ali ed una coda, dato appunto che quei due arti sono nuovi per lei (ovviamente puoi anche fare che quella senzazione la sperimenta in un momento a tua scelta). Poi inoltre penso che dovresti proprio fare che lei se lo esamina meglio il suo corpo (tipo kenai nel film Disny "Koda fratello orso" quando si rende conto di essere diventato un orso) prima di lanciare quel ruggito addolorato. Per dargli maggiore consapevolezza di quello che è diventata. E poi penso anche che dovresti fare in modo che lei si deve anche abituare a muoversi a quattro zampe. Dopotutto l'incantesimo che l'ha trasformata in drago non le ha inserito incorporata questa capacità.è come con Eragon. Lei non ha consapevolezza del suo nuovo corpo e deve quindi imparare ad usarlo sotto ogni aspetto.
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