E la corsa continua, veloce, con il cuore in gola e l'adrenalina che sale...Di tanto in tanto, qualche figura guizza sulla riva od in mezzo agli alberi: quel poco che si riesce a distinguere prima che torni nell'oscurità della foresta è un guizzo di coda bianca o degli occhi fiammeggianti. Ma non sono certo l'unica ad accorgermene: attaccata al mio collo, Selvaggia s'irrigidisce ongi volta che vede un minimo bagliore biancheggiante per la selva.
Tra noi c'è silenzio, eppure non è pesante questo mutismo: lo scrosciare dell'acqua del fiume sotto di noi ed i rumori della foresta sono di compagnia come chiacchere... Eppure, ad un ennesmio movimento biancastro accompagnato da un sobbalzo degli elfi, non posso fare a meno di domandare: -Cosa sono quei mostri?-
Selvaggia sobbalza al suono della mia voce. -Quei guzzi nella foresta? Sono i Narug, i Cavalli Demoni: dono dei Phooka al Demone Nero. Hanno semblianze di cavalli, ma quando combattono assumono...-
-Lo so- la interrompo. -Ho già avuto il piacere d'avere uno scontro con loro-. Phooka? Il nome mi suona famigliare...Le mie riflessioni sono interrotte dal tono preoccupato della Notturna. -Quando? Sei ferita? Come è successo?-
Non so bene cosa rispondere. Certo, ormai è chiaro che li ho spiati, ma ammetterlo esplicitamente è comunque dura...-Mentre voi due passavate la notte della Terza Luna, a qualche minuto di cammino dalla vostra radura. Avevo voglia di caccia, quindi sono andata in giro... E ne ho incontrati due. Ho ucciso uno dei due, ma l'altro mi ha succhiato un po' di sangue: comunque ora stò bene- concludo veloce tralascinado la storia dell'umano.
-Ah- s'intromette Felix -A quanto pare a qualcuno piace spiare la gente che se ne stà per i fatti propri...-
Sono le prime parole che dice da quando ha consolato Selvaggia. Pur essendo arrabbiata per quelle frasi, mi limito a scrollare le spalle per quanto mi è possibile in volo: dopotutto, chiunque si sarebbe comportato così nella sua situazione...
Fummo interrotti da vari nitriti-ruggiti provenienti dalla foresta. Selvaggia sospira. -A quanto pare sono parecchi... Sarà una bella battaglia...-
Felix ridacchia baldanzoso. -Sottovaluti le nostre truppe: dopotutto i Narug non hanno le ali. Con i Grifoni e la tua magia, probabilmente sarà abbastanza sem...-
La voce di Felix viene interrotta da un suono inconfondibile: selvaggio, potente, devastante. Un suono che mette sconforto, che fà spirare ogni forma di ottimismo: -Un ruggito di drago- sussurra Selvaggia con un filo di voce. Felix digrigna i denti -Solo uno?- chiede sibilando. Sento Selvaggia che si stringe ancor di più al mio collo, come per concentrarsi. Poi risponde con voce distante: -Sì. Non riesco a percepirne degli altri, oltre a Stella e SquamaVerde-
"Percepirne"? Riesce a percepire i draghi? mi chiedo. Eppure, rimango in silenzio, ascoltando il commento di Felix: -Due draghi contro uno. Non ci saranno problemi- dichiara: evidentemente, l'ottimismo degli Elfi del Giorno è difficile da smussare.
Selvaggia squote la testa dietro di me: inconsciamente, sò già quale sarà la sua risposta all'osservazione di Felix: la verità che segnerà il mio destino in battaglia... -Dimentichi che SquamaVerde è ferito. Ed anche se potesse volare, non sarebbe in grado di combattere contro un drago nelle sue condizioni: è ancora troppo debole.- Insicura, l'elfa mi carezza appena il collo, come a consolarmi...-Starà a te combattere con lui, Stella- dice spiacente rivolgendosi a me direttamente, la voce incrniata, come se stesse proclamando la mia condanna. Sbando un momento, perdendomi la risposta di Felix, per poi riprendere a volare più velocemente di prima, il fragore della cascata di Menikin che giunge vacuo alle mie orecchie: nella mia prima vera battaglia, il mio primo scontro con un drago. Non sono pronta, ma non conta nulla in quella situazione. La paura mi attanaglia, ma non posso tirarmi indietro: così è la guerra. Avrei dovuto imparare ad accettarla così com'era...O sarei morta non accettandola.
Monday, January 28, 2008
Thursday, January 24, 2008
Acqua e Luce
Ci impiego poco, ad arrivare nei pressi della radura dove si trovano i due elfi: via acqua è molto più diretto e veloce, soprattutto senza intoppi o rischi d'incontri spiacevoli. Mi guardo distrattamente intorno mentre avanzo, osservando pesci strani che guizzano via al mio passaggio, diretti nell'acqua profonda. Sono animali molto diversi rispetto a quelli del mio mondo: alcuni sono veloci e di forma allungata, dotati di pinne munite di artigli. Altri sono di colori sgargianti, quasi florescenti, che balzano subito all'occhio in un guizzo arcobaleno. Ma quelli che m'incuriosiscono di più sono dei pesci dotati di pelliccia sul corpo, ondeggiante e morbida all'apparenza, quasi fossero palle di pelo con le pinne. Non vedo tuttavia animali o predatori grossi: forse vivono più in profondità, tra le sabbie scure coperte di ciottoli puntuti, ben nascosti ed in agguato... Per prudenza, non mi avvicino al letto del fiume.
Ad un tratto, sento delle voci indistinte sopra la mia testa: mi sembrano Selvaggia e Felix, ma l'acqua confonde i suoni. Faccio uscire appena la testa, quel tanto che basta per guardare nuotando con le zampe in verticale per rimanere dritta: davanti a me, i due elfi sono voltati, così noto distrattamente che le ali di Felix non sono ancora tornate: effettivamente, la Luna è ancora in cielo. I due sono intenti a raccogliare insieme il nettare dei fiori purpurei di prima; SquamaVerde aveva definito i boccioli "Fiori Ramati", ed anche se le piante che i due stanno spremendo dolcemente con le dita per farne uscire il succo non sono del colore giusto, hanno una forma molto simile ad i boccioli che mi ha mostrato il drago: forse sono un'altra varietà, comunque non ho tempo per scoprirlo.
Di colpo, con uno scatto delle ali, emergo dall'acqua con un boato fragoroso, facendo voltare i due di scatto: Felix si è posto d'istinto davanti all'amata, che fà uno scatto stringendosi una sacca colma di fialette al petto: i contenitori sono pieni di nettare, probabilmente verrà usato per intrugli di qualche tipo.
Dopo un istante, giusto il tempo di riconoscermi, e due reazioni differenti, quasi opposte, si possono scorgere sui visi degli elfi: Selvaggia si rilassa, pur essendo imbarazzata, conscia del fatto che conosco la verità. Il viso di Felix, invece, è duro, una maschera di rabbia. -Tu... Non hai il diritto di stare qui!- sibila. Il suo modo di fare, nonché il suo tono, mi innervosiscono parecchio: certo, ha ragione ad essere arrabbiato, ma... Ero lì per proteggerli, diamine!
Così, guardandolo con aria di disapprovazione per un istante, passo all'azione: in un attimo mi fiondo in avanti, muovendo le ali con scatti potenti. Non hanno nemmeno il tempo di essere sorpresi: un attimo e li ho afferrati tra le zampe anteriori, tenendoli stretti per non farli cadere. Un attimo e sono di nuovo in volo, sfiorando l'acqua del fiume con la coda e con le zampe posteriori, sbattendo potente le ali, volando più velocemente possibile verso la Capitale dei Diurni, le squame brillanti alla luce violacea della Terza Luna.
Concentrata, il collo proteso in avanti, quasi non mi accorgo delle imprecazioni di Felix tra i miei artigli, suoni smussati dal vento: li ignoro e basta. Entrambi gli elfi si divincolano provocandomi solletico sotto le zampe, ma resisto ridacchiando continuando a volare. Ad un certo punto, anche Selvaggia comincia a gridare: inizialmente la ignoro, ma alla fine il suo grido s'insinua nella mia mente gradualmente, come fosse una litania: -...re!...are!...IL NETTARE!- Alla fine riesco a comprendere: evidentemente quel liquido vegetale è davvero importante...
Sospirando, allento appena la stretta che racchiude l'elfa, così da permetterle di arrampicarsi per la zampa, e da lì sull'incavo del collo dove solitamente mi cavalca. Da lì, comincia a torturarmi i timpani, continuando a gridare, le mani convulsamente strette al mio collo: -Cosa fai? Perché? Cosa ti prende... RISPONDI!-. Sospiro di nuovo, poi le dico poche parole che la fanno tacere: -Umani. Molto vicini...-. A quel silenzio, mi volto un momento, per guardarla in faccia: gli occhi sono sgranati, distanti, sommersi dai ricordi... Ma dura un attimo. -Aumenta la velocità- dice solo, in un tono secco che non ammette repliche. -Lo farei, ma Felix mi stà torturando la... Ahi!- con un ruggito, spalanco gli artigli che tengono prigioniero l'Elfo del Giorno, facendo cadere qualche goccia di sangue scarlatto nel fiume: il Guardiano ha usato un pugnale per liberarsi. Selvaggia grida, guarda sotto di sè: siamo proprio in mezzo al fiume, distanti da entrambe le rive, in un punto pieno di rapide. Non posso abbassarmi più di così, o le ali sarebbero state travolte dalla forza dell'acqua, per poi farmi perdere l'equilibrio: e anche se ho scoperto di essere una grande nuotratrice, la corrente potrebbe far sbalzare via Selvaggia, e non ho voglia di correre il rischio. Così, osservo l'elfo cadere nell'acqua spumeggiante che lo avvolge, trascinandolo giù; e sento come se il mio cuore fosse trascinato con lui. Non tanto per l'elfo in sè per sè quanto per la cara Selvaggia, che continua a gridare il suo nome, le lacrime negli occhi. Incapace di continuare l'avanzata mi fermo, avvicinandomi ancora di più all'acqua, le punte delle ali bagnate dagli spruzzi del liquido. La testa dell'elfo, una sua mano, ogni tanto escono dall'acqua assassina, ma sempre più di rado. Comincio a rassegnarmi, a carezzare l'idea di trasportare me e Selvaggia lontano, per non permetterle di vedere l'agonia del suo amato...
Intanto, veloce come era iniziata, la Terza Luna scompare in un ultimo guizzo viola: la luce violacea si tramuta in un istante in luce rossastra, mentre l'astro annuale lascia il posto all'alba sorgente. Me ne accorgo solo quando la luce rossiccia arriva al fiume, tramutandolo in un lungo serpente scintillante: ma ormai quei bagliori non sono che dettagli del tutto trascurabili. Improvvisamente dall'acqua delle rapide proviene una luminescenza giallastra, concentrata nel punto in cui abbiamo visto svanire l'ultima volta il volto di Felix. Avvicino la testa per guardarem ma la luce che proviene dall'acqua s'è già spenta. Passa un secondo, due, tre... Poi, fulminea, qualcosa esce dall'acqua aggrappandosi disperata ad una mia zampa posteriore, risalendola lentamente: è Felix, grondante d'acqua e sfinito. Noto che le ali sono tornate sulla sua schiena: probabilmente è solo grazie a loro che s'è salvato. Con un gridolino di gioia, Selvaggia saltella agile per la mia groppa, raggiungendo il suo amato ed aiutandolo a salire. Calde lacrime le rigano il viso mentre lo guarda arrabbiata. -Perché lo hai fatto?! Avresti potuto affogare! Lo sapevi!- gridò tra i singhiozzi. Lui la strinse debolmente. -Non posso permettermi tutta questa confidenza con un drago: l'istinto di vedermi attaccato da una razza nemica ha avuto la meglio... Ma, come vedi, la mia alleanza con i grifoni mi ha salvato la vita. Ora calmati, è tutto finito-. Li osservo teneramente fin quando Felix non mi scocca uno sguardo del tipo "Che hai da guardare?" Così, borbottando qualcosa d'incomprensibile perfino per me stessa, ricomincio a volare velocemente: abbiamo già perso troppo tempo.
Ad un tratto, sento delle voci indistinte sopra la mia testa: mi sembrano Selvaggia e Felix, ma l'acqua confonde i suoni. Faccio uscire appena la testa, quel tanto che basta per guardare nuotando con le zampe in verticale per rimanere dritta: davanti a me, i due elfi sono voltati, così noto distrattamente che le ali di Felix non sono ancora tornate: effettivamente, la Luna è ancora in cielo. I due sono intenti a raccogliare insieme il nettare dei fiori purpurei di prima; SquamaVerde aveva definito i boccioli "Fiori Ramati", ed anche se le piante che i due stanno spremendo dolcemente con le dita per farne uscire il succo non sono del colore giusto, hanno una forma molto simile ad i boccioli che mi ha mostrato il drago: forse sono un'altra varietà, comunque non ho tempo per scoprirlo.
Di colpo, con uno scatto delle ali, emergo dall'acqua con un boato fragoroso, facendo voltare i due di scatto: Felix si è posto d'istinto davanti all'amata, che fà uno scatto stringendosi una sacca colma di fialette al petto: i contenitori sono pieni di nettare, probabilmente verrà usato per intrugli di qualche tipo.
Dopo un istante, giusto il tempo di riconoscermi, e due reazioni differenti, quasi opposte, si possono scorgere sui visi degli elfi: Selvaggia si rilassa, pur essendo imbarazzata, conscia del fatto che conosco la verità. Il viso di Felix, invece, è duro, una maschera di rabbia. -Tu... Non hai il diritto di stare qui!- sibila. Il suo modo di fare, nonché il suo tono, mi innervosiscono parecchio: certo, ha ragione ad essere arrabbiato, ma... Ero lì per proteggerli, diamine!
Così, guardandolo con aria di disapprovazione per un istante, passo all'azione: in un attimo mi fiondo in avanti, muovendo le ali con scatti potenti. Non hanno nemmeno il tempo di essere sorpresi: un attimo e li ho afferrati tra le zampe anteriori, tenendoli stretti per non farli cadere. Un attimo e sono di nuovo in volo, sfiorando l'acqua del fiume con la coda e con le zampe posteriori, sbattendo potente le ali, volando più velocemente possibile verso la Capitale dei Diurni, le squame brillanti alla luce violacea della Terza Luna.
Concentrata, il collo proteso in avanti, quasi non mi accorgo delle imprecazioni di Felix tra i miei artigli, suoni smussati dal vento: li ignoro e basta. Entrambi gli elfi si divincolano provocandomi solletico sotto le zampe, ma resisto ridacchiando continuando a volare. Ad un certo punto, anche Selvaggia comincia a gridare: inizialmente la ignoro, ma alla fine il suo grido s'insinua nella mia mente gradualmente, come fosse una litania: -...re!...are!...IL NETTARE!- Alla fine riesco a comprendere: evidentemente quel liquido vegetale è davvero importante...
Sospirando, allento appena la stretta che racchiude l'elfa, così da permetterle di arrampicarsi per la zampa, e da lì sull'incavo del collo dove solitamente mi cavalca. Da lì, comincia a torturarmi i timpani, continuando a gridare, le mani convulsamente strette al mio collo: -Cosa fai? Perché? Cosa ti prende... RISPONDI!-. Sospiro di nuovo, poi le dico poche parole che la fanno tacere: -Umani. Molto vicini...-. A quel silenzio, mi volto un momento, per guardarla in faccia: gli occhi sono sgranati, distanti, sommersi dai ricordi... Ma dura un attimo. -Aumenta la velocità- dice solo, in un tono secco che non ammette repliche. -Lo farei, ma Felix mi stà torturando la... Ahi!- con un ruggito, spalanco gli artigli che tengono prigioniero l'Elfo del Giorno, facendo cadere qualche goccia di sangue scarlatto nel fiume: il Guardiano ha usato un pugnale per liberarsi. Selvaggia grida, guarda sotto di sè: siamo proprio in mezzo al fiume, distanti da entrambe le rive, in un punto pieno di rapide. Non posso abbassarmi più di così, o le ali sarebbero state travolte dalla forza dell'acqua, per poi farmi perdere l'equilibrio: e anche se ho scoperto di essere una grande nuotratrice, la corrente potrebbe far sbalzare via Selvaggia, e non ho voglia di correre il rischio. Così, osservo l'elfo cadere nell'acqua spumeggiante che lo avvolge, trascinandolo giù; e sento come se il mio cuore fosse trascinato con lui. Non tanto per l'elfo in sè per sè quanto per la cara Selvaggia, che continua a gridare il suo nome, le lacrime negli occhi. Incapace di continuare l'avanzata mi fermo, avvicinandomi ancora di più all'acqua, le punte delle ali bagnate dagli spruzzi del liquido. La testa dell'elfo, una sua mano, ogni tanto escono dall'acqua assassina, ma sempre più di rado. Comincio a rassegnarmi, a carezzare l'idea di trasportare me e Selvaggia lontano, per non permetterle di vedere l'agonia del suo amato...
Intanto, veloce come era iniziata, la Terza Luna scompare in un ultimo guizzo viola: la luce violacea si tramuta in un istante in luce rossastra, mentre l'astro annuale lascia il posto all'alba sorgente. Me ne accorgo solo quando la luce rossiccia arriva al fiume, tramutandolo in un lungo serpente scintillante: ma ormai quei bagliori non sono che dettagli del tutto trascurabili. Improvvisamente dall'acqua delle rapide proviene una luminescenza giallastra, concentrata nel punto in cui abbiamo visto svanire l'ultima volta il volto di Felix. Avvicino la testa per guardarem ma la luce che proviene dall'acqua s'è già spenta. Passa un secondo, due, tre... Poi, fulminea, qualcosa esce dall'acqua aggrappandosi disperata ad una mia zampa posteriore, risalendola lentamente: è Felix, grondante d'acqua e sfinito. Noto che le ali sono tornate sulla sua schiena: probabilmente è solo grazie a loro che s'è salvato. Con un gridolino di gioia, Selvaggia saltella agile per la mia groppa, raggiungendo il suo amato ed aiutandolo a salire. Calde lacrime le rigano il viso mentre lo guarda arrabbiata. -Perché lo hai fatto?! Avresti potuto affogare! Lo sapevi!- gridò tra i singhiozzi. Lui la strinse debolmente. -Non posso permettermi tutta questa confidenza con un drago: l'istinto di vedermi attaccato da una razza nemica ha avuto la meglio... Ma, come vedi, la mia alleanza con i grifoni mi ha salvato la vita. Ora calmati, è tutto finito-. Li osservo teneramente fin quando Felix non mi scocca uno sguardo del tipo "Che hai da guardare?" Così, borbottando qualcosa d'incomprensibile perfino per me stessa, ricomincio a volare velocemente: abbiamo già perso troppo tempo.
Monday, January 14, 2008
Alba macchiata di rosso pallido.
Mi risveglio nella radura in cui mi sono assopita, cullata dalle voci lontane e dallo scorrere del fiume vicino. Non ero tornata alla capitale elfica, no: che senso ha fingere felicità per nascondere stupore ad una festa che mi coinvolge ben poco? No, non è mai stato da me, neanche da umana: schiva, una di quelle persone che evvede ed ascolta... Eppure tace.
Mi alzo stiracchiandomi appena, guardando poi il cielo: le tre Lune sono alte nel cielo potenti e quasi minacciose: la notte quel dì è riluttante a giungere al termine...
Ancora semi intorpidita dal sonno, comincio a passeggiare nervosa: la fame mi attanaglia, ma ho voglia di caccia, non di cibo già pronto. Silenziosa, mi addentro sempre più nella foresta, sorprendendomi del senso d'orientamento avanzato: so sempre da dove sono venuta, riconosco i posti dove sono già stata anche da particolari come pietre, corteccie, foglie...
Ad un tratto, sento dei tonfi sordi poco distanti: cervi, oppure cavalli... Comunque qualcosa di commestibile. Più eccitata, mi dirigo veloce da dove provengono i rumori, facendo guizzare la coda che di tanto in tanto sfregia le corteccie dietro di me. Alla fine, mi fermo a qualche metro di distanza da due quadrupedi stesi a terra, placidi. Mi hanno notato, entrambi guardano nella mia direzione, eppure non sembrano agitati. Si trovano all'ombra degli alberi, lasciando sporgere solo le lunghe e candide zampe, dalle quali capisco che sono due cavalli.
Ne fiuto un momento l'odore, come pregustando la preda: sono strani, molto strani. Non hanno un odore spiacevole... Eppure non è odore di cavallo. Di certo, però, mette appetito. Mi avvicino di più ai due equini e vedo che anche loro fanno lo stesso. Ora la luce delle Tre Lune li illumina perfettamente, riesco a scorgerli come fosse giorno: sono dei cavalli bianchi, di taglia piuttosto grande, con entrambi una coda ed una criniera molto folta. I loro occhi, invece, sono languidi e di un blu acceso, quasi elettrico. Rimango un attimo incantata a guardarli, poi una fitta allo stomaco mi ricorda cosa sono quei due cavalli. Così, senza emettere un suono, sin troppo sicura, m'accuccio pronta a balzare su uno di loro. Magari l'altro l'avrei lasciato in vita...
Faccio in tempo solo a pensare questo. Un attimo, ed i due cavalli, intuendo il pericolo, cominciano a mutare, in un'agghiacciante e mostruosa metamorfosi: le loro criniere si fanno più folte, venandosi di riflessi argentati, mentre i loro zoccoli si aprono dal basso come petali di un fiore, rivelando zampe leonine dagli artigli affilati; dalla bocca, intanto, cominciano ad uscire come stallattiti due enormi zanne semiricurve. Sbuffando, i due mostri fanno un passo all'indietro emettendo uno stridio acuto simile ad un ruggito, gli occhi divenuti rossi come braci ardenti. Nella bocca, altre stallattiti e stallagmiti a completare quella grotta infernale, munita di lingua violastra: di certo non sono degli erbivori. I due esseri si guardano tra loro, sbuffando come tori, per poi fluidi scattare ai lati del mio corpo e balzare, attaccando contemporaneamente emettendo stridii. Un attimo spaesata dall'attacco, è solo per istinto che spalanco le ali veloce, con uno schiocco, colpendoli in fronte e scagliandoli ai margini della radura, senza però riuscire a farli cadere: i due si limitano a camminare come tigri intorno a me, pronti a balzare, accerchiandomi in modo da rendere impossibile l'azione di tenerli d'occhio entrambi. Nervosa, con un briciolo di necessaria paura che mi attanaglia le viscere, ringhio anche io, inarcando il collo ed alzando una zampa, pronta all'attacco. Il tempo dell'essere remissivi alle lotte è finito da quando SquamaVerde ha rischiato di finire a fettine per colpa di Felix ed i Grifoni: ora credo di essere pronta alla lotta.
Uno dei due esseri balza con un ringhio alla mia destra, ma riesco a cacciarlo via assestandogli di nuovo un colpo con l'ala. L'altro, intanto, scarta di lato e tenta un attacco da dietro. Provo a colpirlo con la coda, ma lui afferra l'arto e lo morde con forza, riuscendo a penetrare le dure squame con grande facilità. Ringhio di dolore, per poi muovere la coda con un guizzo e schiantando la belva su un albero. L'essere lascia andare la coda e s'accascia a terra.
E' un attimo. L'attimo in cui mi sono distratta per muovere la coda. Quell'unico istante, e l'altro essere mi balza addosso, evitando veloce le punte ed andando direttamente al collo, così rapido che non ho neanche il tempo di sorprendermi. Lì, con un unico movimento, posiziona la testa ed infilza la carne penetrando in profondità. Con orrore, lo sento succhiare il mio sangue come fosse un vampiro. Lo sentivo avido aspirare il mio liquido della vita, rendendomi debole come dopo una trasfusione...Poi, quel dolore stordente, che ti culla e ti prega di addormentarti per sempre, nella voce mielliflua della morte. Ma non mi arrendo, no: con un ringhio più forte, provo a colpire l'essere con i denti, ma è messo in posizione tale che non riesco a colpirlo per colpa del collo troppo lungo: astuto, diabolicamente astuto.
Infine, presa dalla disperazione, decido di ripetere lo stratagemma utilizzato con l'altro maledetto animale, ancora accasciato privo di sensi. Mi alzo in volo rasoterra, boccheggiando per il peso dell'essere ancora ben attaccato, per poi andare a schiantarmi a tutta la velocità possibile contro un albero, prendendo in pieno il tronco in una pioggia di scheggie: l'essere viene colpito in pieno, ma rimane attaccato. Ripeto l'operazione più volte, sempre a distanza minore per la stanchezza, rompendo l'albero con uno schianto, passando ad una seconda pianta. Solo dopo essere passata al terzo albero, la creatura sviene per un ennesimo colpo alla testa, tramutandosi di nuovo in un normale cavallo. Appena i denti si ritraggono ridiventando delle misure di un normale equino, il mio corpo comincia a sentirsi meglio. Respiro con affanno, per calmarmi. Non so quando rimango lì, forse mi assopisco pure... Eppure, quando sento una voce rude e prfononda quasi sussurrata, mi risveglio subito. Mi guardo intorno, e vedo che i due cavalli sono ancora lì, candidi ed innocenti: guardano nella direzione da cui arriva la voce, avvicinandosi e senza degnarmi di uno sguardo, quasi non esistessi. Infine, qualcuno entra nella radura. I cavalli vanno da lui mansueti, vengono carezzati dalle mani pelose, sono tranquilli. Io, invece, trasalisco: il nuovo giunto, pur essendo dotato di armatura, ha il capo scoperto, rivelando il cranio rasato e le orecchie rotonde, senza punta: un umano, un soldato, armato con una spada al fianco. E di certo non è l'unico, perchè d'appertutto nella foresta rieccheggiano passi pesanti e lame sguainate, le sento: gli umani sono giunti nei territori degli Elfi del Giorno. Il Demone Nero ha esteso il suo cancro assetato di potere anche alla Selva dei Grifoni.
L'uomo mi guarda un momento, e tra noi cala un silenzio pesante. Digrigno i denti, abbassando la testa per poterlo guardare meglio, ringhiando ammonitrice. Il mio sguardo è d'odio, il suo è di spavento e curiosità... Mi studia, ma non come si studierebbe un avversario: piuttosto, come un esperto guarderebbe un purosangue selvaggio: valutandolo, vedendolo già domato, sotto il suo potere... Stà vedendo se vale la pena di rischiare una lotta contro di me o fuggire: probabilmente mi crede così stupida da permettergli di sfuggire. O forse abbastanza astuto da aver capito che non avrei vinto un nuovo scontro contro quei demoni di semicavalli. Comunque, uno dei due cavalli pare inquieto: sbuffa guardandomi con odio, probabilmente ha capito la scelta del suo padrone. Così, il soldato decide: dà un colpo all'animale più tranquillo sussurrandogli qualcosa: non riesco a capire ciò che dice, sento solo la parola "rinforsi"... Il resto lo intuisco. Così, spicco un balzo fulminea tentando di fermare il cavallo, ma questo è già partito al galoppo con un guizzo di coda bianca. Non faccio in tempo a fare un altro passo che sono costretta a schivare un fendente laterale: il soldato è salito sull'altro animale, già trasformato in mostro, la spada sguainata. Ringhio di nuovo guardandolo rabbiosa, per poi provare a colpirlo con la zampa artigliata, ma il semiequino schiva veloce, per poi saltare fulmineo, provando ad attaccarmi di lato. Il trucco delle ali non può funzionare, dato che il soldato è munito di spada che potrebbe facilmente lacerare la carne. Così, provo a colpire con la coda l'animale, mirando alle gambe. Tuttavia, essendo la coda per me un elemento nuovo dell'anatomia, non riesco bene a controllare il colpo, così colpisco il semicavallo solo di striscio alle zampe posteriori. L'animale riesce così ad issarsi conficcando gli artigli nella carne, tentando di risalire fino al collo, come aveva fatto prima il suo compare adesso fuggito a chiedere rinforzi. Il soldato, intanto, ghigna fiducioso: è convinto di avermi in pugno, in effetti è così. Frustrata, provo a scrollarmeli di dosso, ma l'unico risultato è quello di far perdere la spada all'umano.
Con tutto quel peso è impossibile pensare di fare un acrobazia in aria per disarcionare i due esseri... Mi guardo disperata intorno, per notare il fiume immenso accanto a me: chissà se i draghi sanno nuotare... E' il momento buono per scoprirlo. Così, correndo impacciata mentre destriero e cavaliere continuano tentano di tenersi alla corazza delle mie squame, comincio a correre verso il fiume poco distante. Un ultimo passo di corsa e spicco il balzo...
Troppo tardi mi accorgo di essere su un'altura, e che l'acqua è a qualche metro sotto di me. Spalancando le ali, riesco a manipolare l'impatto a scapito della velocità, e ben presto l'acqua ci avvolge, tra piccole bolle che salgono disperate in superficie e il freddo del liquido scuro...
Stranamente, in quell'acqua tanto misteriosa, comincio subito a sentirmi a mio agio: come respirassi regolarmente, come se fossi vissuta da sempre in quel fiume, mi muovo con grazia spalancando le ali e richiudendole, in sincronia con il movimento delle zampe. E' molto più naturale che volare, quasi più semplice del parlare...Presto mi accorgo che non ho bisogno d'aria, che l'acqua provvede alla mia vita, che quei vortici fluviali sono come correnti di vento per i Draghi d'Aria: come se avessi vissuto molto tempo con loro, come se c'avessi passato una vita intera...
Mi risquoto: mi stò distraendo dalla mia battaglia. Tuttavia, vedo che l'acqua amica ha già provveduto per me a concludere la lotta: cavallo e cavaliere sono ormai sotto di me, sul letto del fiume, e pian piano stanno spirando soffocati. Distolgo lo sguardo: non sono ancora pronta a compiere omicidi con gli uomini: pur pieni di brutalità, sono comunque stati la mia razza...Sono la mia razza. Così, decido di andare a soccorrere l'uomo, prendendolo per le spalle con gli alrtigli delle zampe anteriori e trascinandolo in superficie con fatica, per il peso dell'armatura. Tuttavia, lascio che il cavallo perda la vita, agonizzando sul letto del fiume, ucciso dal suo stesso peso: lui non è un umano... E' forse questa la causa della crudeltà dell'uomo? L'egoismo? Ci rifletto un attimo, ma poi continuo a risalire. E' questione di salvare o il soldato o nulla: il mezzocavallo è troppo pesante anche da trasportare senza l'umano. Eroico, sacrificare la vita per il proprio compagno... Forse, è proprio quello che avrebbe voluto... Penso dando un'ennesima botta con le zampe per arrivare prima in superficie.
Spunto fuori dall'acqua come una molla, spalancando le ali potente, per poi tornare nella radura da dove ero venuta, lasciando lì l'uomo, entrambi grondanti d'acqua: respira a stento, tossicchiando, ma è vivo. Intanto, sento dei passi, delle grida attorno a me, dei nitriti: gli uomini si stanno avvicinando. Senza guardar oltre il soldato, lascinadolo lì a morte o alla ripresa, mi dirigo verso l'acqua, tuffandomi di nuovo nel fiume scuro. Il liquido mi avvolge carezzandomi, ma non ho tempo d'assaporare quegli attimi magici: comincio a nuotare veloce, diretta verso Selvaggia e Felix: adesso, gli Elfi devono provvedere alle armi, la battaglia è imminente. L'alba sarà macchiata dal sangue di guerra, quel dì.
Mi alzo stiracchiandomi appena, guardando poi il cielo: le tre Lune sono alte nel cielo potenti e quasi minacciose: la notte quel dì è riluttante a giungere al termine...
Ancora semi intorpidita dal sonno, comincio a passeggiare nervosa: la fame mi attanaglia, ma ho voglia di caccia, non di cibo già pronto. Silenziosa, mi addentro sempre più nella foresta, sorprendendomi del senso d'orientamento avanzato: so sempre da dove sono venuta, riconosco i posti dove sono già stata anche da particolari come pietre, corteccie, foglie...
Ad un tratto, sento dei tonfi sordi poco distanti: cervi, oppure cavalli... Comunque qualcosa di commestibile. Più eccitata, mi dirigo veloce da dove provengono i rumori, facendo guizzare la coda che di tanto in tanto sfregia le corteccie dietro di me. Alla fine, mi fermo a qualche metro di distanza da due quadrupedi stesi a terra, placidi. Mi hanno notato, entrambi guardano nella mia direzione, eppure non sembrano agitati. Si trovano all'ombra degli alberi, lasciando sporgere solo le lunghe e candide zampe, dalle quali capisco che sono due cavalli.
Ne fiuto un momento l'odore, come pregustando la preda: sono strani, molto strani. Non hanno un odore spiacevole... Eppure non è odore di cavallo. Di certo, però, mette appetito. Mi avvicino di più ai due equini e vedo che anche loro fanno lo stesso. Ora la luce delle Tre Lune li illumina perfettamente, riesco a scorgerli come fosse giorno: sono dei cavalli bianchi, di taglia piuttosto grande, con entrambi una coda ed una criniera molto folta. I loro occhi, invece, sono languidi e di un blu acceso, quasi elettrico. Rimango un attimo incantata a guardarli, poi una fitta allo stomaco mi ricorda cosa sono quei due cavalli. Così, senza emettere un suono, sin troppo sicura, m'accuccio pronta a balzare su uno di loro. Magari l'altro l'avrei lasciato in vita...
Faccio in tempo solo a pensare questo. Un attimo, ed i due cavalli, intuendo il pericolo, cominciano a mutare, in un'agghiacciante e mostruosa metamorfosi: le loro criniere si fanno più folte, venandosi di riflessi argentati, mentre i loro zoccoli si aprono dal basso come petali di un fiore, rivelando zampe leonine dagli artigli affilati; dalla bocca, intanto, cominciano ad uscire come stallattiti due enormi zanne semiricurve. Sbuffando, i due mostri fanno un passo all'indietro emettendo uno stridio acuto simile ad un ruggito, gli occhi divenuti rossi come braci ardenti. Nella bocca, altre stallattiti e stallagmiti a completare quella grotta infernale, munita di lingua violastra: di certo non sono degli erbivori. I due esseri si guardano tra loro, sbuffando come tori, per poi fluidi scattare ai lati del mio corpo e balzare, attaccando contemporaneamente emettendo stridii. Un attimo spaesata dall'attacco, è solo per istinto che spalanco le ali veloce, con uno schiocco, colpendoli in fronte e scagliandoli ai margini della radura, senza però riuscire a farli cadere: i due si limitano a camminare come tigri intorno a me, pronti a balzare, accerchiandomi in modo da rendere impossibile l'azione di tenerli d'occhio entrambi. Nervosa, con un briciolo di necessaria paura che mi attanaglia le viscere, ringhio anche io, inarcando il collo ed alzando una zampa, pronta all'attacco. Il tempo dell'essere remissivi alle lotte è finito da quando SquamaVerde ha rischiato di finire a fettine per colpa di Felix ed i Grifoni: ora credo di essere pronta alla lotta.
Uno dei due esseri balza con un ringhio alla mia destra, ma riesco a cacciarlo via assestandogli di nuovo un colpo con l'ala. L'altro, intanto, scarta di lato e tenta un attacco da dietro. Provo a colpirlo con la coda, ma lui afferra l'arto e lo morde con forza, riuscendo a penetrare le dure squame con grande facilità. Ringhio di dolore, per poi muovere la coda con un guizzo e schiantando la belva su un albero. L'essere lascia andare la coda e s'accascia a terra.
E' un attimo. L'attimo in cui mi sono distratta per muovere la coda. Quell'unico istante, e l'altro essere mi balza addosso, evitando veloce le punte ed andando direttamente al collo, così rapido che non ho neanche il tempo di sorprendermi. Lì, con un unico movimento, posiziona la testa ed infilza la carne penetrando in profondità. Con orrore, lo sento succhiare il mio sangue come fosse un vampiro. Lo sentivo avido aspirare il mio liquido della vita, rendendomi debole come dopo una trasfusione...Poi, quel dolore stordente, che ti culla e ti prega di addormentarti per sempre, nella voce mielliflua della morte. Ma non mi arrendo, no: con un ringhio più forte, provo a colpire l'essere con i denti, ma è messo in posizione tale che non riesco a colpirlo per colpa del collo troppo lungo: astuto, diabolicamente astuto.
Infine, presa dalla disperazione, decido di ripetere lo stratagemma utilizzato con l'altro maledetto animale, ancora accasciato privo di sensi. Mi alzo in volo rasoterra, boccheggiando per il peso dell'essere ancora ben attaccato, per poi andare a schiantarmi a tutta la velocità possibile contro un albero, prendendo in pieno il tronco in una pioggia di scheggie: l'essere viene colpito in pieno, ma rimane attaccato. Ripeto l'operazione più volte, sempre a distanza minore per la stanchezza, rompendo l'albero con uno schianto, passando ad una seconda pianta. Solo dopo essere passata al terzo albero, la creatura sviene per un ennesimo colpo alla testa, tramutandosi di nuovo in un normale cavallo. Appena i denti si ritraggono ridiventando delle misure di un normale equino, il mio corpo comincia a sentirsi meglio. Respiro con affanno, per calmarmi. Non so quando rimango lì, forse mi assopisco pure... Eppure, quando sento una voce rude e prfononda quasi sussurrata, mi risveglio subito. Mi guardo intorno, e vedo che i due cavalli sono ancora lì, candidi ed innocenti: guardano nella direzione da cui arriva la voce, avvicinandosi e senza degnarmi di uno sguardo, quasi non esistessi. Infine, qualcuno entra nella radura. I cavalli vanno da lui mansueti, vengono carezzati dalle mani pelose, sono tranquilli. Io, invece, trasalisco: il nuovo giunto, pur essendo dotato di armatura, ha il capo scoperto, rivelando il cranio rasato e le orecchie rotonde, senza punta: un umano, un soldato, armato con una spada al fianco. E di certo non è l'unico, perchè d'appertutto nella foresta rieccheggiano passi pesanti e lame sguainate, le sento: gli umani sono giunti nei territori degli Elfi del Giorno. Il Demone Nero ha esteso il suo cancro assetato di potere anche alla Selva dei Grifoni.
L'uomo mi guarda un momento, e tra noi cala un silenzio pesante. Digrigno i denti, abbassando la testa per poterlo guardare meglio, ringhiando ammonitrice. Il mio sguardo è d'odio, il suo è di spavento e curiosità... Mi studia, ma non come si studierebbe un avversario: piuttosto, come un esperto guarderebbe un purosangue selvaggio: valutandolo, vedendolo già domato, sotto il suo potere... Stà vedendo se vale la pena di rischiare una lotta contro di me o fuggire: probabilmente mi crede così stupida da permettergli di sfuggire. O forse abbastanza astuto da aver capito che non avrei vinto un nuovo scontro contro quei demoni di semicavalli. Comunque, uno dei due cavalli pare inquieto: sbuffa guardandomi con odio, probabilmente ha capito la scelta del suo padrone. Così, il soldato decide: dà un colpo all'animale più tranquillo sussurrandogli qualcosa: non riesco a capire ciò che dice, sento solo la parola "rinforsi"... Il resto lo intuisco. Così, spicco un balzo fulminea tentando di fermare il cavallo, ma questo è già partito al galoppo con un guizzo di coda bianca. Non faccio in tempo a fare un altro passo che sono costretta a schivare un fendente laterale: il soldato è salito sull'altro animale, già trasformato in mostro, la spada sguainata. Ringhio di nuovo guardandolo rabbiosa, per poi provare a colpirlo con la zampa artigliata, ma il semiequino schiva veloce, per poi saltare fulmineo, provando ad attaccarmi di lato. Il trucco delle ali non può funzionare, dato che il soldato è munito di spada che potrebbe facilmente lacerare la carne. Così, provo a colpire con la coda l'animale, mirando alle gambe. Tuttavia, essendo la coda per me un elemento nuovo dell'anatomia, non riesco bene a controllare il colpo, così colpisco il semicavallo solo di striscio alle zampe posteriori. L'animale riesce così ad issarsi conficcando gli artigli nella carne, tentando di risalire fino al collo, come aveva fatto prima il suo compare adesso fuggito a chiedere rinforzi. Il soldato, intanto, ghigna fiducioso: è convinto di avermi in pugno, in effetti è così. Frustrata, provo a scrollarmeli di dosso, ma l'unico risultato è quello di far perdere la spada all'umano.
Con tutto quel peso è impossibile pensare di fare un acrobazia in aria per disarcionare i due esseri... Mi guardo disperata intorno, per notare il fiume immenso accanto a me: chissà se i draghi sanno nuotare... E' il momento buono per scoprirlo. Così, correndo impacciata mentre destriero e cavaliere continuano tentano di tenersi alla corazza delle mie squame, comincio a correre verso il fiume poco distante. Un ultimo passo di corsa e spicco il balzo...
Troppo tardi mi accorgo di essere su un'altura, e che l'acqua è a qualche metro sotto di me. Spalancando le ali, riesco a manipolare l'impatto a scapito della velocità, e ben presto l'acqua ci avvolge, tra piccole bolle che salgono disperate in superficie e il freddo del liquido scuro...
Stranamente, in quell'acqua tanto misteriosa, comincio subito a sentirmi a mio agio: come respirassi regolarmente, come se fossi vissuta da sempre in quel fiume, mi muovo con grazia spalancando le ali e richiudendole, in sincronia con il movimento delle zampe. E' molto più naturale che volare, quasi più semplice del parlare...Presto mi accorgo che non ho bisogno d'aria, che l'acqua provvede alla mia vita, che quei vortici fluviali sono come correnti di vento per i Draghi d'Aria: come se avessi vissuto molto tempo con loro, come se c'avessi passato una vita intera...
Mi risquoto: mi stò distraendo dalla mia battaglia. Tuttavia, vedo che l'acqua amica ha già provveduto per me a concludere la lotta: cavallo e cavaliere sono ormai sotto di me, sul letto del fiume, e pian piano stanno spirando soffocati. Distolgo lo sguardo: non sono ancora pronta a compiere omicidi con gli uomini: pur pieni di brutalità, sono comunque stati la mia razza...Sono la mia razza. Così, decido di andare a soccorrere l'uomo, prendendolo per le spalle con gli alrtigli delle zampe anteriori e trascinandolo in superficie con fatica, per il peso dell'armatura. Tuttavia, lascio che il cavallo perda la vita, agonizzando sul letto del fiume, ucciso dal suo stesso peso: lui non è un umano... E' forse questa la causa della crudeltà dell'uomo? L'egoismo? Ci rifletto un attimo, ma poi continuo a risalire. E' questione di salvare o il soldato o nulla: il mezzocavallo è troppo pesante anche da trasportare senza l'umano. Eroico, sacrificare la vita per il proprio compagno... Forse, è proprio quello che avrebbe voluto... Penso dando un'ennesima botta con le zampe per arrivare prima in superficie.
Spunto fuori dall'acqua come una molla, spalancando le ali potente, per poi tornare nella radura da dove ero venuta, lasciando lì l'uomo, entrambi grondanti d'acqua: respira a stento, tossicchiando, ma è vivo. Intanto, sento dei passi, delle grida attorno a me, dei nitriti: gli uomini si stanno avvicinando. Senza guardar oltre il soldato, lascinadolo lì a morte o alla ripresa, mi dirigo verso l'acqua, tuffandomi di nuovo nel fiume scuro. Il liquido mi avvolge carezzandomi, ma non ho tempo d'assaporare quegli attimi magici: comincio a nuotare veloce, diretta verso Selvaggia e Felix: adesso, gli Elfi devono provvedere alle armi, la battaglia è imminente. L'alba sarà macchiata dal sangue di guerra, quel dì.
Sunday, January 6, 2008
Luna e tempesta
Dopo un'ora passata a cercare i miei amici in un mare di piume e persone sorridenti, estasiati da una Luna per ora inesistente. Ma quanto ci mette la Luna a sorgere? Sembra quasi un'alba... Penso nervosa mentre atterro con uno sbuffo rassegnato accanto ad un divertito e nervoso SquamaVerde. -Problemi?- chiede quando mi avvicino. Annuisco. -Non vedo Selvaggia e Felix... Soprattutto Selvaggia...-
Squama resta in silenzio un momento, rimurginando. Lo lascio fare, impercettibilmente tesa. Poi, riaprendo gli occhi, risponde: -Selvaggia è andata verso Ovest, mentre Felix credo sia alle Stalle...Ehi!- mi strilla infine. Ma io già non ci sono più, perché velocemente ho spiccato il volo allontanandomi velocemente. Al drago non rimane che borbottare qualcosa di incomprensibile.
Un battito d'ali, e trovo la mia direzione: le Stalle dei Grifoni, di certo luogo più concreto di un vago "verso Ovest". Non chiedo informazioni, ma mi dirigo direttamente verso un imponente edificio, largo almeno una decina delle semplici case elfiche. E' ovvio che si tratta delle stalle grazie al continuo fuggifuggi di elfi e grifoni che proviene da quella direzione. Con un rapido battito d'ali, mi avvicino atterrando su una sporgenza rocciosa poco distante. Trattengo il fiato nel rimirarlo: a differenza di molti degli altri edifici, è costruito con mattoni rossicci molto caserecci, in grande contrasto con i fregi bluastri raffiguranti linee sinuose con, ad intervalli regolari, dei grifoni raffigurati nei mimimi particolari: mirabili sono soprattutto le ali, che danno movimento all'intera composizione. L'edificio è a più piani e dovunque si possono notare dei grandi portoni: alcuni, aperti, lasciano intravedere dei corridoi ai lati dei quali ci sono delle nicchie, evidentemente adibiti per ospitare i grifoni. Ogni portone è sormontato da uno stemma, sempre diverso per ogni entrata: probabilmente si tratta dell'entrata personale di ogni famiglia per visitare il proprio grifone. Al piano terra si trova l'entrata più grande, di un legno scuro come l'ebano: è la zona più affollata, ghermita di elfi con delle casacche scure e guanti ed altri vestiti con abiti di festa. Lì mi dirigo, atterrando con eleganza dovuta alla figura davanti ad un elfo forzuto dalle ali ramate, che tiene per le briglie un grifone di uno strano colore verdognolo appena affidatogli da un'elfa. L'individuo mi scruta un momento prima di proferire, rude e senza paura: -Benvenuto, giovane dragonessa. Io sono Frigen, Stalliere dei Grifoni. Cosa desideri?-.
Annuisco, apprezzando il suo comportamento pacato ma cordiale. -Cerco Felix, la Guardia dei Grifoni. Mi è stato riferito che è qui-.
L'elfo scuote la testa. -Se n'è andato poco tempo fa a godersi la festa, con...Selvaggia...Dopo che lei ha posato Swift- rispondendo, Frigen indica un portone del piano superiore, con l'insegna di un paio di ali ed una spada obliqua. Annuisco borbottando un ringraziamento, poi mi allontano di nuovo, continuando la ricerca dei due.
Gli elfi si fanno intanto più eccitati: la fantastica Luna stà quindi per sorgere. Ci sono ali piumate d'appertutto nel villaggio, sembra di stare in una gigantesca uccelliera. Sospirando, mi avvicino di nuovo a SquamaVerde, circondato da svariati Elfi, quando due figure attraggono la mia attenzione: Felix e Selvaggia, l'uno che porta in braccio l'altra, si stanno dirigendo verso la cascata. La cosa mi pare strana:gli abitanti della capitale sono ormai tutti radunati su vari spuntoni di roccia ricolmi di cespugli, che sono esattamente nella parte opposta a dove si stanno dirigendo i due. Silenziosa, li osservo con una punta di sospetto. I due planano dolcemente seguendo la turbolenta linea della cascata. Quando però scompaiono alla mia vista, decido di tenerli d'occhio. Chiudo gli occhi un momento, concentrandomi, riconosco lo sbattito delle ali di Felix e con una svolta salgo in alto, per cominciare a seguirli come un rapace segue una preda. Da lì, guidata più dall'udito che dalla vista, comincio a seguirli: sono vicini, abbastanza perché riesca a sentirne le risa ed i bisbigli, abbastanza perché non li possa perdere, eppure troppo distanti per sapere cosa dicono o per essere scoperta. Inoltre, da quanto ho osservato, l'aria di festa rende gli elfi più intorpiditi e meno attenti, aiutando la mia missione di spia: curioso, ma nessuno, nemmeno gli elfi del villaggio, nota la mia figura in cielo o il mio allontanamento.
Li seguo per un po', poi vedo Felix che atterra, posa Selvaggia sull'erba, cominciano a camminare insieme, quasi correndo. Mi faccio più attenta, serpeggiando sinuosa in cielo, sfruttando quanto più possibile delle correnti amiche, fin quando mi rendo conto di non vederli più: sembrano scomparsi, in un battito di palpebre cornee. Un attimo di sconcerto, poi chiudo gli occhi e provo ad ascoltarne le voci: parlano con bisbigli, difficile capire da dove vengono... Poi di colpo riesco a capire dove sono: una radura, ben nascosta dall'alto da una fitta vegetazione, da dove proviene una strana luminescenza. Svelta, mi tuffo nella selva in un punto abbastanza distante da loro, dal quale nemmeno le voci sono più udibili. Riesco a ritrovarli solo grazie alla luminescenza di prima, che man mano che mi avvicino alla radura aumenta. Il bagliore è emesso da piccoli boccioli purpurei e violacei, dai quali esce di tanto in tanto del succo luminoso. Sempre più curiosa, arrivo infine alla radura, trovando un punto abbastanza propizio per osservare. Le squame emettono uno schiocco contro i ramoscelli quando mi poggio a terra, ma i due non se ne curano. Aggrotto la fronte: solitamente Selvaggia è attenta a quel tipo di cose...
La radura è una piccola conca erbosa, circondata da cespugli dei fiori luminosi e difficilmente localizzabile. Accanto, scorre il fiume con placida tranquillità, così ampio da sparire all'orizzonte, mentre in alto nel cielo l'atmosfera è rischiarata dalle due Lune butterate, ben diverse da quelle terrestri. Selvaggia e Felix, invece, si trovano ai margini opposti della radura, senza parlare, rimirando quel luogo incantato. Distolgo un attimo la concentrazione attirata dai fiori: i boccioli stanno emettendo un leggero tremore, lasciando gocciolare sul terreno un po' del loro nettare. Da ogni chiazza luminosa sbocciano dei piccoli fiori candidi della stessa forma di quelli purpurei, che presto invadono il terreno attorno a me. Di colpo, una fragranza forte ma dolce si espande nell'aria: è un profumo molto buono, ma così dolce da risultare quasi insopportabile. Infine, Selvaggia parla: -E così, la Terza Luna stà per risorgere- dice in tono quasi tragico. Felix sospira. -La Luna che ha segnato la fine di una grande burrasca... Ma l'inizio della nostra tempesta personale-. Selvaggia si volta verso di lui. -Non dire così. E' stato un bene, ha reciso molte lotte intestine...-
-Ma ha dato luogo a tanti pregiudizi inutili-. I due si sono avvicinati, stringendosi la mano con forza, sinceri in quanto pensanti di esser soli... Sono quasi tentata ad andarmene, ma la curiosità ha la meglio. Felix ha spalancato le ali che risplendono di riflessi colorati alla luce lunare. Selvaggia allunga una mano candida, carezzandone le piume. Felix chiude gli occhi. -Le ali... Ti sono sempre piaciute, vero? Quando ti vedo guardarle così... L'ammirazione per la tua maledizione...-
Selvaggia ritira la mano, si gira di spalle, gli parla: -Devi smetterla di essere così. Il pessimismo non aiuta nella nostra situazione... E tu lo sai. La speranza non è dunque rimasta?- chiede seria. L'aria di festa sembra cancellata. Intanto, i fiori continuano a vibrare sempre più forte, l'aria è sempre più densa di quel profumo...
D'improvviso, una luce violacea comincia a brillare dall'altra parte dell'immenso fiume, mentre il cielo prende sfumature blu pervinca. Le nuvole si fanno violacee ed una gigantesca sfera violacea comincia a sorgere, altera, portando una luce potente ma scura, in uno strano contrasto, che comincia ad avvolgere tutto e tutti. Man mano che la Terza Luna sale e che la sua luce si fa potente, i fiori cominciano a sbocciare, spargendo una scintillante polverina bluastra ovunque. Ma la cosa più incredibile sono le ali di Felix: da grandi e potenti che erano, vanno a diventare sempre più trasparenti, fino a scomparire come fossero state un miraggio...
D'improvviso, Felix poggia delicatamente le braccia sulle spalle di Selivaggia, la fa voltare, le cinge la schiena. -Il pessimismo aiuta a rendere le cose belle della vita ancora più belle- sussurra piano. Un attimo, e ciò che temo e spero avviene: Selvaggia alza appena la testa, socchiudendo gli occhi, e le loro labbra s'incontano, così naturali da nascondere il segreto che celano. Non ho il coraggio di essere gelosa, di intromettermi, di fare qualcosa: perché se anche so che quello è un amore illecito, un amore profano, è così indicato, così bello in quel momento unico da sembrare irreale. Poi, per effetto della luce, della magia, della scomparsa delle ali di Felix, la loro coppia mi sembra naturale, come fosse esistita da sempre. Con quell'unico attimo, molti dei miei dubbi sbocciano in aria come i fiori della Luna. E capisco che, anche se tutto il mondo fosse stato contrario alla loro unione, io non avrei potuto ostacolarla: l'avrei difesa, appoggiata, protetta...Come il simbolo dell'amore che tutti bramano.
In silenzio, con delicatezza, fuggo da loro, per concedergli la solitudine che si meritano, mentre urla di gioia degli elfi ignari rimbombano nel cielo...
Squama resta in silenzio un momento, rimurginando. Lo lascio fare, impercettibilmente tesa. Poi, riaprendo gli occhi, risponde: -Selvaggia è andata verso Ovest, mentre Felix credo sia alle Stalle...Ehi!- mi strilla infine. Ma io già non ci sono più, perché velocemente ho spiccato il volo allontanandomi velocemente. Al drago non rimane che borbottare qualcosa di incomprensibile.
Un battito d'ali, e trovo la mia direzione: le Stalle dei Grifoni, di certo luogo più concreto di un vago "verso Ovest". Non chiedo informazioni, ma mi dirigo direttamente verso un imponente edificio, largo almeno una decina delle semplici case elfiche. E' ovvio che si tratta delle stalle grazie al continuo fuggifuggi di elfi e grifoni che proviene da quella direzione. Con un rapido battito d'ali, mi avvicino atterrando su una sporgenza rocciosa poco distante. Trattengo il fiato nel rimirarlo: a differenza di molti degli altri edifici, è costruito con mattoni rossicci molto caserecci, in grande contrasto con i fregi bluastri raffiguranti linee sinuose con, ad intervalli regolari, dei grifoni raffigurati nei mimimi particolari: mirabili sono soprattutto le ali, che danno movimento all'intera composizione. L'edificio è a più piani e dovunque si possono notare dei grandi portoni: alcuni, aperti, lasciano intravedere dei corridoi ai lati dei quali ci sono delle nicchie, evidentemente adibiti per ospitare i grifoni. Ogni portone è sormontato da uno stemma, sempre diverso per ogni entrata: probabilmente si tratta dell'entrata personale di ogni famiglia per visitare il proprio grifone. Al piano terra si trova l'entrata più grande, di un legno scuro come l'ebano: è la zona più affollata, ghermita di elfi con delle casacche scure e guanti ed altri vestiti con abiti di festa. Lì mi dirigo, atterrando con eleganza dovuta alla figura davanti ad un elfo forzuto dalle ali ramate, che tiene per le briglie un grifone di uno strano colore verdognolo appena affidatogli da un'elfa. L'individuo mi scruta un momento prima di proferire, rude e senza paura: -Benvenuto, giovane dragonessa. Io sono Frigen, Stalliere dei Grifoni. Cosa desideri?-.
Annuisco, apprezzando il suo comportamento pacato ma cordiale. -Cerco Felix, la Guardia dei Grifoni. Mi è stato riferito che è qui-.
L'elfo scuote la testa. -Se n'è andato poco tempo fa a godersi la festa, con...Selvaggia...Dopo che lei ha posato Swift- rispondendo, Frigen indica un portone del piano superiore, con l'insegna di un paio di ali ed una spada obliqua. Annuisco borbottando un ringraziamento, poi mi allontano di nuovo, continuando la ricerca dei due.
Gli elfi si fanno intanto più eccitati: la fantastica Luna stà quindi per sorgere. Ci sono ali piumate d'appertutto nel villaggio, sembra di stare in una gigantesca uccelliera. Sospirando, mi avvicino di nuovo a SquamaVerde, circondato da svariati Elfi, quando due figure attraggono la mia attenzione: Felix e Selvaggia, l'uno che porta in braccio l'altra, si stanno dirigendo verso la cascata. La cosa mi pare strana:gli abitanti della capitale sono ormai tutti radunati su vari spuntoni di roccia ricolmi di cespugli, che sono esattamente nella parte opposta a dove si stanno dirigendo i due. Silenziosa, li osservo con una punta di sospetto. I due planano dolcemente seguendo la turbolenta linea della cascata. Quando però scompaiono alla mia vista, decido di tenerli d'occhio. Chiudo gli occhi un momento, concentrandomi, riconosco lo sbattito delle ali di Felix e con una svolta salgo in alto, per cominciare a seguirli come un rapace segue una preda. Da lì, guidata più dall'udito che dalla vista, comincio a seguirli: sono vicini, abbastanza perché riesca a sentirne le risa ed i bisbigli, abbastanza perché non li possa perdere, eppure troppo distanti per sapere cosa dicono o per essere scoperta. Inoltre, da quanto ho osservato, l'aria di festa rende gli elfi più intorpiditi e meno attenti, aiutando la mia missione di spia: curioso, ma nessuno, nemmeno gli elfi del villaggio, nota la mia figura in cielo o il mio allontanamento.
Li seguo per un po', poi vedo Felix che atterra, posa Selvaggia sull'erba, cominciano a camminare insieme, quasi correndo. Mi faccio più attenta, serpeggiando sinuosa in cielo, sfruttando quanto più possibile delle correnti amiche, fin quando mi rendo conto di non vederli più: sembrano scomparsi, in un battito di palpebre cornee. Un attimo di sconcerto, poi chiudo gli occhi e provo ad ascoltarne le voci: parlano con bisbigli, difficile capire da dove vengono... Poi di colpo riesco a capire dove sono: una radura, ben nascosta dall'alto da una fitta vegetazione, da dove proviene una strana luminescenza. Svelta, mi tuffo nella selva in un punto abbastanza distante da loro, dal quale nemmeno le voci sono più udibili. Riesco a ritrovarli solo grazie alla luminescenza di prima, che man mano che mi avvicino alla radura aumenta. Il bagliore è emesso da piccoli boccioli purpurei e violacei, dai quali esce di tanto in tanto del succo luminoso. Sempre più curiosa, arrivo infine alla radura, trovando un punto abbastanza propizio per osservare. Le squame emettono uno schiocco contro i ramoscelli quando mi poggio a terra, ma i due non se ne curano. Aggrotto la fronte: solitamente Selvaggia è attenta a quel tipo di cose...
La radura è una piccola conca erbosa, circondata da cespugli dei fiori luminosi e difficilmente localizzabile. Accanto, scorre il fiume con placida tranquillità, così ampio da sparire all'orizzonte, mentre in alto nel cielo l'atmosfera è rischiarata dalle due Lune butterate, ben diverse da quelle terrestri. Selvaggia e Felix, invece, si trovano ai margini opposti della radura, senza parlare, rimirando quel luogo incantato. Distolgo un attimo la concentrazione attirata dai fiori: i boccioli stanno emettendo un leggero tremore, lasciando gocciolare sul terreno un po' del loro nettare. Da ogni chiazza luminosa sbocciano dei piccoli fiori candidi della stessa forma di quelli purpurei, che presto invadono il terreno attorno a me. Di colpo, una fragranza forte ma dolce si espande nell'aria: è un profumo molto buono, ma così dolce da risultare quasi insopportabile. Infine, Selvaggia parla: -E così, la Terza Luna stà per risorgere- dice in tono quasi tragico. Felix sospira. -La Luna che ha segnato la fine di una grande burrasca... Ma l'inizio della nostra tempesta personale-. Selvaggia si volta verso di lui. -Non dire così. E' stato un bene, ha reciso molte lotte intestine...-
-Ma ha dato luogo a tanti pregiudizi inutili-. I due si sono avvicinati, stringendosi la mano con forza, sinceri in quanto pensanti di esser soli... Sono quasi tentata ad andarmene, ma la curiosità ha la meglio. Felix ha spalancato le ali che risplendono di riflessi colorati alla luce lunare. Selvaggia allunga una mano candida, carezzandone le piume. Felix chiude gli occhi. -Le ali... Ti sono sempre piaciute, vero? Quando ti vedo guardarle così... L'ammirazione per la tua maledizione...-
Selvaggia ritira la mano, si gira di spalle, gli parla: -Devi smetterla di essere così. Il pessimismo non aiuta nella nostra situazione... E tu lo sai. La speranza non è dunque rimasta?- chiede seria. L'aria di festa sembra cancellata. Intanto, i fiori continuano a vibrare sempre più forte, l'aria è sempre più densa di quel profumo...
D'improvviso, una luce violacea comincia a brillare dall'altra parte dell'immenso fiume, mentre il cielo prende sfumature blu pervinca. Le nuvole si fanno violacee ed una gigantesca sfera violacea comincia a sorgere, altera, portando una luce potente ma scura, in uno strano contrasto, che comincia ad avvolgere tutto e tutti. Man mano che la Terza Luna sale e che la sua luce si fa potente, i fiori cominciano a sbocciare, spargendo una scintillante polverina bluastra ovunque. Ma la cosa più incredibile sono le ali di Felix: da grandi e potenti che erano, vanno a diventare sempre più trasparenti, fino a scomparire come fossero state un miraggio...
D'improvviso, Felix poggia delicatamente le braccia sulle spalle di Selivaggia, la fa voltare, le cinge la schiena. -Il pessimismo aiuta a rendere le cose belle della vita ancora più belle- sussurra piano. Un attimo, e ciò che temo e spero avviene: Selvaggia alza appena la testa, socchiudendo gli occhi, e le loro labbra s'incontano, così naturali da nascondere il segreto che celano. Non ho il coraggio di essere gelosa, di intromettermi, di fare qualcosa: perché se anche so che quello è un amore illecito, un amore profano, è così indicato, così bello in quel momento unico da sembrare irreale. Poi, per effetto della luce, della magia, della scomparsa delle ali di Felix, la loro coppia mi sembra naturale, come fosse esistita da sempre. Con quell'unico attimo, molti dei miei dubbi sbocciano in aria come i fiori della Luna. E capisco che, anche se tutto il mondo fosse stato contrario alla loro unione, io non avrei potuto ostacolarla: l'avrei difesa, appoggiata, protetta...Come il simbolo dell'amore che tutti bramano.
In silenzio, con delicatezza, fuggo da loro, per concedergli la solitudine che si meritano, mentre urla di gioia degli elfi ignari rimbombano nel cielo...
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