Monday, August 24, 2009

L'Angelo del mondo dei sogni

Vi furono dei momenti confusi, ricordi o emozioni incoerenti che svanirono nel buio, fin quando oltre ad esse non persi pure me stessa e ciò che ero stata…

Mi ritrovai a correre in un enorme labirinto, da umana, conscia che qualcosa dietro di me stava avanzando ruggendo forte, cercandomi. Provavo un folle terrore: ogni volta che voltavo un corridoio finiva e dovevo voltare l’angolo o dovevo decidere tra due corridoi pregavo con tutte le mie forze che non vi fosse un vicolo cieco. L’uscita da quel posto, se davvero ne fosse esistita una, era l’ultimo dei miei pensieri: l’importante era fuggire, fuggire, fuggire…

Ad un tratto, girando per l’ennesima volta in un nuovo corridoio, trovai di fronte a me un solido muro: mi voltai, completamente paralizzata dal terrore. Forse facevo ancora in tempo a tornare indietro e seguire un’altra via, forse potevo farcela a distanziare la creatura, a confonderla… Ma la paura dell’essere la cui immagine sfuggiva alla mia mente mi lasciava paralizzata sul posto, troppo timorosa di avvicinarmi a lui anche solo per un istante nella fuga per muovermi.

Ad un tratto, lentamente, la creatura mi si mostrò: un drago enorme, dalle fauci spalancate. Urlai forte nel vederlo, terrorizzata, appiattendomi alla parete che mi impediva la fuga da quell’essere. La creatura avanzò maestosa, gli occhi fiammeggianti. A poco a poco, però, percepii dei tratti familiari nel dragone, qualcosa che mi rievocava ricordi che non potevo rammentare: anche la mia mente era in un vicolo cieco…

L’essere si portò proprio di fronte a me, poi alzò una zampa sopra di me: era palese ciò che stava per fare, ma non potevo sfuggire in nessuna maniera. Vi fu un momento di pura agonia nell’attesa, poi l’arto calò su di me, schiacciandomi…

Mi svegliai di soprassalto, ansante: ero nel mio letto, a casa. Mi sembrava di aver fatto un incubo terribile, ma non me ne rammentavo assolutamente nulla: avevo solo la certezza che riguardava qualcosa di estremamente terrificante… Deglutii a vuoto, alzandomi: avevo una sete incredibile.

Andai in bagno, troppo sfiancata per raggiungere la cucina, e lappai l’acqua direttamente dal rubinetto: tuttavia, non provai alcun sollievo. Distrutta, alzai la faccia verso lo specchio per vedere in che stato fosse il mio volto: davvero un brutto aspetto… Sorrisi a me stessa come per tentare di tirare su il morale al mio riflesso, senza grande risultato, per poi abbassarmi a sciacquarmi il viso. Rialzandomi per vedere se andava meglio, trovai il mio riflesso nella stessa identica posizione di prima, ma contorta in un ghigno perverso.

Stavolta non ebbi il tempo di stupirmi, né di provare paura: l’immagine si protese verso di me, e le sue mani, le mie mani, si gettarono al mio collo, premendo sempre più, soffocandomi. Mi dibattei, ma l’aria non smise di mancarmi: stavolta, l’agonia era nella sofferenza della morte non rapida. Chiusi gli occhi, dibattendomi sempre più…

Passai attraverso a molti mondi diversi, accomunati dalla stessa dinamica dei fatti che avvenivano in essi: ero da qualche parte, sola, venivo attaccata ed uccisa da qualcuno… E da lì si ricominciava. Ogni volta che la storia si ripeteva, non ricordavo i dettagli del mondo che avevo appena passato: avevo solo una vaga percezione delle sensazioni che avevo provato là… Tuttavia, man mano che il gioco veniva riproposto ed il terrore degli ultimi momenti non mi sembrava più tanto originale ed unico, cominciavo a percepire in maniera diversa ciò che stava accadendo, per poi arrivare ad escogitare una semplice contromossa mentale: ovviamente, era inutile scappare… Così mi limitai ad accettare la questione con calma, ricordando a me stessa che ciò che stavo vivendo non era che una futile matrioska di sangue nella quale omicidio non significava morte… L’unica era sperare che, prima o poi, sarebbe finito.


E poi, mi ritrovai in forma di drago a vagare in una distesa di nebbia lattiginosa: non avevo assolutamente percezione del perché mi trovavo lì, nè di come ci fossi arrivata... Sapevo solo che dovevo andare avanti, volteggiando con apparente sicurezza verso una meta di cui non sapevo nulla.

Ad un tratto, vidi un piccolo spiazzo privo della nube accecante, appena percepibile perfino per la mia vista sviluppata a causa della colorazione lattea del suolo: lì atterrai, decidendo fulminea che da quel momento dovevo continuare ad arrancare a zampe.

Ebbi appena il tempo di richiudere le ali, quando percepii qualcosa dietro di me: voltandomi, vidi un corridoio nuovo, appena creatosi tra la nebbia: in mezzo a questo, spiccava una figurina microscopica, a quache balzo di distanza.

Nel vederla, mi sentii pervadere tutto l'animo da un senso di rassegnazione, intenso perfino in un sogno: eccolo là, il mio assassino... pensai scrollando la testa ed avvicinandomi: non aveva senso scappare... Anzi, da un certo punto di vista, forse avvicinandomi sarei riuscita a far finire prima quell'ennesimo incubo.

Raggiunsi in pochi attimi la creaturina per terra: era una specie di peluche, una palla di pelo simile ad un topo dagli occhi chiusi ma con la coda a punta e le zampe dalle dita sottili, simili a quelle delle lucertole.

Mi accovacciai accanto all'esserino, che mi sorrise mostrando una chiostra di denti acuminatissimi.

-Adesso mi tocca pure essere mangiata da un topo: di certo il mio subconscio sta esaurendo la fantasia...- commentai sarcastica dando con la zampa un colpetto all'animaletto, che rialzandosi dalla botta si rizzò sulle zampe posteriori.

Avvicinai il muso al suolo, in modo da portarmi per quanto possibile all'altezza degli occhi dell'esserino.

-Avanti... Colpiscimi qui, in mezzo alla fronte: almeno per una volta voglio evitare di soffrire l'agonia...-

Il topino si avvicinò barcollando sulle zampe posteriori, per poi posare una delle due zampe alla mia fronte: strano che per una volta i miei sogni seguissero la mia volontà...
Proprio mentre formulavo questo pensiero, sentii le unghie della zampa del topo trafiggermi il cranio da parte a parte.

Per un momento fu tutto nero.
Ah, questa volta è stato veloce ed indolore, pensai...
Quando la tenebra si dipanò, mi accorsi esterrefatta di ritrovarmi nello stesso mondo di nebbia di prima... Soltanto molto più in alto, senza riuscire a smettere di salire.
Provai ad abbassare la testa per dirottare la mia salita, ma l'unico risultato che ottenni fu quello di continuare a salire a testa in giù, guardando il suolo che si allontanava... E con esso, una grossa sagoma di un bianco più puro rispetto a quello della nebbia: il mio corpo da drago.
Sgranai gli occhi, guardandomi gli arti: le zampe possenti avevano lasciato il posto a dita affusolate, da umana... Dita che tuttavia erano appena visibili, dita che lo sguardo poteva attraversare.
Disorientata, presi a guardarmi intorno: il moto del mio corpo etereo pareva essersi praticamente arrestato, anche se non potevo esserne sicura a causa dell'apparentemente infinito candore che mi circondava...
Fu proprio per questo bianco così totale che ebbi modo di notarlo quasi subito: una piccola nube nerognola non troppo lontana da me... No, non una nube: era un insieme di piccoli animaletti... Un branco della specie di quel topo che mi aveva fatto divenire di quella forma eterea.
Prova improvvisamente un crampo di paura, diverso da quello delle altre volte: in quello specifico sogno non solo non ero più un drago, ma non avevo nemmeno più un corpo... Mi sentivo incredibilmente nuda e vulnerabile.
Tanto è solo un sogno... Pensai per tranquillizzarmi, chiudendomi a uovo ed attendendo la fine.

Fu solo quando il primo simil-topo mi colpì sulla spalla con le dita argigliate che compresi la diversità di quanto stavo vivendo rispetto a tutti gli altri miei sogni: il dolore che provavo, l'accellerazione del battito, l'odore del sangue... Era tutto molto, molto più
reale rispetto a tutti i sogni che avevo vissuto non solo in quei momenti, ma anche in tutta la mia vita. Quello non era un sogno: mi trovavo bloccata in una specie di stasi tra mondo reale e subconscio, e stavo maturando la certezza che, una volta morta lì, non mi sarei più svegliata nè in un nuovo sogno, nè nella realtà nè in qualunque altro posto.

Fluttuando nell'aria, i topi cominciarono a sciamarmi contro: riuscii a scalciarne via un paio ed ad allontanarne altri con le mani, ma da così indifesa sarebbe stato impossibile allontanarli tutti... Mi furono addosso in un attimo, e presero a mordermi con foga, graffiandomi con gli artigli.
Mi stavano divorando viva... Nonostante il dolore indescrivibile, presi a lottare con tenacia degna di un drago per riuscire a sottrarmi almeno per un momento a quella tortura: riuscii ad agguantare con la mano uno degli esserini, e mentre aveva ancora la bocca aperta lo feci atterrare dopo uno sforzo immane sul capo di un suo compare. Come risultato, nel chiudere la bocca pensando di addentare un lembo del mio simil corpo l'esserino morse un suo compare, provocandogli una profonda ferita alla nuca dalla quale uscì del sangue d'un arancio acceso.
Non appena la prima goccia di sangue macchiò il pelo del topo che era accanto a loro, cominciò il caos: tutti quegli esserini presero in un lampo a mordersi tra di loro, forse eccitati dal loro stesso sangue... E più si mordevano, più sangue usciva, instaurando un circolo vizioso per loro ma che io potevo volgere a mio vantaggio: muovendomi lentamente, mi allontanai fluttuando via muovendomi come se stessi nuotando, ma molto più attenta a non colpire nessuno di quegli esseri.
Spostando gli occhi da quella nera massa informe, guardai il mio corpo draconico lì in basso: se fossi riuscita a raggiungerlo, forse, sarei riuscita a tornarvici in qualche modo all'interno...
Cominciai a muovermi verso di esso, come se stessi nuotando, muovendo in sincronia braccia e piedi doloranti per i morsi subiti: era quasi facile, tendere l'orecchio per capire quando i topi avessero smesso di litigare mentre continuavo ad arrancare in avanti. Eppure, quel corpo continuava a ad essere ancora così lontano, così inavvicinabile...
Percepii con orrore che gli schiamazzi dietro di me stavano scemando velocemente.
Feci per dare due bracciate più forti, ma non sarei mai riuscita a raggiungere la mia sagoma in tempo, me lo sentivo bene... Arrischiai a dare un'occhiata dietro di me: i topi, chi mutiliati chi semplicemente sporchi di quel liquido arancione tanto strano, avevano ripreso a guardarmi con occhi truci, avvicinandosi verso di me ancora una volta, le zampe dai lunghi artigli protese in avanti. Senza più voglia di fuggire, mi parai il capo con le mani, accucciandomi...

Passò qualche istante... E non successe assolutamente nulla. Tremando tutta per la tensione, mi arrischiai a guardare al di là delle mie braccia: apparentemente, sembrava che gli animaletti si fossero fermati... Eppure, c'era qualcosa che non andava: anzitutto, la visuale davanti a me appariva, di tanto in tanto, sfocata. E poi... Cos'era quel rumore di sottofondo, come un vento potente e continuo?
Uno dei topi, con espressione arrabbiata, riprese la sua corsa furiosa verso di me. Feci per pararmi di nuovo, ma non ve ne fu bisogno: quando fu a circa un metro di distanza da me, l'essere parve sbattere addosso a qualcosa e fu sbalzato via.
Sgranai gli occhi, sorpresa: E' questo vento... Ma fino a poco tempo fa non ve n'era traccia! Ed io non sono capace di creare del vento dal nulla! pensai sbattendo le palpebre più volte. Eppure... In quel mondo così ostile, da cosa veniva quella potente barriera?
I miei discorsi furono interrotti quando percepii che qualcosa mi si era poggiata sulla spalla, qualcosa di leggero come una brezza; ma che emanava un tale calore da confortarmi anche solo con quel lieve tocco.
Mi voltai, allarmata nonostante la sensazione positiva derivata da quel contatto, distinguendo una manina bianca poggiata sulla spalla e da lì risalendo fino al volto di quell'essere...
Era una bambina: il delicato volto dai chiarissimi occhi grigio-azzurro era incorniciato dai capelli d'un bel marrone, sciolti se non per due piccole crocchie ai lati del capo.
Eppure... C'era qualcosa di particolare in quella piccola figura, che mi faceva desiderare con tutta me stessa di proteggerla, ma allo stesso tempo di tenermene a distanza, per rispetto nei suoi confronti. Forse per la presa delicata ma salda sulla mia spalla, forse proprio per quegli occhi, limpidi ma vissuti... E, lo notai solo in quel momento, resi ancor più particolari dal colore delle pupille: bianche, solo con un leggero alone di nero lungo i contorni di esse...
La bambina mi sorrise, anche quando feci un passo indietro per distanziarmi da lei e per guardarla meglio: il piccolo corpo era avvolto da un vestito bianco e celeste, legato con una fascia all'altezza della vita e che, seppur coprendole le braccia, lasciava comunque intravedere i piedi nudi...
E poi, altro dettaglio, si manteneva sospesa alla mia altezza grazie ad un paio di grandi ali, candide e luminose, malcelate da quella figurina tanto esile.
-Non devi preoccuparti- mi disse con la più adulta delle voci di bimba -Non permetterò che ti provochino altro dolore... Che ti sfiorino una volta di più. Lascia fare a me... E rimani a riposarti in questo piccolo cantuccio tra le braccia del vento-.
Dopo aver parlato, peredendo un ultimo istante per sfiorare le spalle semi invisibili della mia figura eterea, si diresse un po' volteggiando un po' camminando per aria verso il muro d'aria davanti a me: senza mutare l'andamento della sua avanzata, si limitò ad oltrepassare quella potente barriera quasi questa non fosse nemmeno presente, con l'eleganza inconsapevole di un airone.
Adesso si trovava davanti a quei topi demoniaci, senza nient'altro che la separasse da quell'orda... Parlò di nuovo, e la sua voce mi pervenne ovattata a causa del sibilare del vento di barriera:
-Voi, esseri consacrati alla mia compagna d'Ombra... Allontanatevi da questa creatura, oppure avanzate verso la vostra fine-. Il tono stavolta era molto più serio, freddo, come una tormenta di neve: incuteva un timore reverenziale, che quasi costringeva a seguire ciò che lei diceva.
Dopo essersi squadrati l'un l'altro, gli esseri si voltarono per allontanarsi lentamente, riluttanti ma troppo intimoriti per contrastare quella bambina...
Tuttavia, ad un tratto, uno dei topi più grandi si girò di scatto, e con furia si diresse a grande velocità verso la creatura alata. Le zampe dell'essere si protesero in avanti, le dita crebbero di dimensione, la bocca si spalancò mostrando le zanne: da quanto potevo capire dalla mia posizione, puntava direttamente al collo della piccola! Scattai in avanti instintivamente, troppo lenta per riuscire a fare una qualsiasi cosa per aiutare la creatura alata...
Un istante dopo, una raffica di vento tanto forte, diretta e controllata da apparire quasi visibile sibilò abbattendosi sul topo, per poi proseguire la sua furia attraverso esso, tranciando di netto la creatura in due senza che questa riuscisse nemmeno ad emettere un fiato.
Se non fosse stato per il muro d'aria che aveva anticipato la sua apparizione poco prima, avrei dubitato che quella piccola fosse in qualche modo coinvolta con quel fenomeno agghiacciante, dato che era rimasta impassibilmente immobile sul posto per tutto il tentato attacco del topo e mentre esso veniva segato dal vento... Eppure, proprio questa impassibilità rendeva inequivocabile il suo coinvolgimento nella faccenda: era una freddezza in qualche maniera colpevole, non del tutto distaccata dall'evento.
Il corpo del topo rimase sospeso a mezz'aria per un altro istante, poi si dissolse in polvere. Fu abbastanza: gli altri topi, che a distanza avevano assistito a tutta la scena, non persero tempo e si diedero alla fuga nella maniera scomposta dettata dal terrore.
La scena era stata veramente agghiacciante nella sua cruda freddezza: ne ero partecipe in quanto spettatrice, eppure al medesimo tempo distaccata come se ciò che era accaduto non fosse stato niente di più che una scena di un film...
Non che fosse un problema legato alla morte: avevo ucciso anche io, in quel periodo, per sopravvivere. Eppure qualcosa mi portava a pensare che, nonostante avesse fatto tutto quello per difendermi, la bambina non avrebbe esitato a farmi fare la stessa fine di quel misero topo, anche a tradimento nei miei confronti.
Fu solo quando i topi furono niente più che una macchia indistinta all'orizzonte che la bimba-angelo si voltò nuovamente verso di me, sorridendo con aria innocente: la cosa, per quanto fosse possibile, mi fece inorridire ancora di più.
-Adesso sono andati via, visto? Avanti, avvicinati: dobbiamo parlare...- disse con voce dolcissima, facendo un gesto con la mano: velocemente, il vento che mi circondava si dissolse in un fruscio delicato.
Era strano: quella barriera di prima era palesemente governata da lei, ed a quanto pareva solo lei poteva attraversarla... Allora, perché dissolverla, se voleva farmi del male? Non sarebbe stato molto più semplice attaccarmi entrando in essa, così da limitare la mia fuga? Forse, davvero quella piccola non aveva intenzioni ostili... Ma nel dubbio, era meglio non compiere mosse avventate.
Così, decisi di rimanere a distanza di sicurezza, cammuffando il mio scetticismo nei suoi confronti temporeggiando a parole.
-Chi sei? Perché mi hai salvata?- chiesi allora, donando in quelle semplici e banali parole un tono allarmato e grato al medesimo tempo: una maniera efficace per non raccontare menzogne omettendo parti di verità.
L'angelo sorrise amaramente, ed il suo volto si corrucciò in una strana espressione, un misto di rassegnazione e dolore: non capii come fosse possibile, ma mi parve che con quella domanda le avessi fatto più male che se l'avessi trafitta... Tuttavia, qualsiasi cosa fosse, durò un attimo: un battito di palpebre, e negli occhi fu di nuovo distinguibile solo un'eterna dolcezza.
-Il mio nome è Atrebil, giovane Iris. Avremmo dovuto conoscerci tempo fà, ma non ho potuto...-
-Come sai il mio vero nome? Come puoi saperlo?- la interruppi attonita, sentendomi più che mai ostile a quella figurina.
La bimba sospirò piano, guardandomi con aria comprensiva. -Beh, mi sembra ovvio: perché qui siamo nell'unico luogo in cui io e te possiamo essere collegate seppur a distanza. L'unico posto in cui posso mettermi in contatto con te, grazie alle mie capacità... E dove posso ricavare informazioni anche da cose non manifeste, carpendole direttamente dal tuo subconscio- rispose, senza specificare nulla. La guardai strizzando gli occhi, come se riuscendo a meglio inquadrare lei mi sarei ritrovata a comprendere meglio anche quello che aveva detto: ciò in cui ci trovavamo era un mio sogno, seppur distorto e dolorosissimo. Ma quale essere poteva riuscire a carpire informazioni così private attraverso delle semplice proiezioni del mio cervello? C'era una sola creatura che mi veniva in mente , l'unica che sembrava adatta a questo compito.
-Sei... Bijuk? Bijuk-kan, Dragonessa d'Aria e Protettrice dell'elemento, nonché mia Maestra di un tempo?- domandai titubante, speranzosa: dopo tutto, eravamo in un sogno... Ed io stessa avevo cambiato aspetto innumerevoli volte durante il mio ultimo incubo: che fosse una trasposizione della Dragonessa nel mio spazio mentale?
La creatura si avvicinò lentamente, con una tale naturalezza che quasi non ne notai i movimenti.
-No. Ella non è me... Eppure, si può dire che nessun essere mi è più vicino di lei: perché in quanto Drago d'Aria ella è mia figlia, ed in quanto Protrettrice è incaricata di difendermi. Io le ho dato la vita, ed allo stesso tempo le ho dovuto la mia esistenza per tante e tante volte-.
Sgranai gli occhi a quella affermazione: -Sei... Uno Spirito? Lo Spirito d'Aria?- domandai esterrefatta: effettivamente, la descrizione con quanto Squama mi aveva detto prima del nostro incontro con le Chimere tornava. Eppure... Se uno spirito era un Creatore, una specie di Dio, perché aveva ucciso in maniera tanto atroce una delle sue creature? Aveva preferito salvare me, invece che lasciare che la natura seguisse il proprio corso... Che razza di giustizia divina era quella?
Atrebil annuì in risposta alla domanda, senza perdere il suo dolce sorriso. -E' esatto, Iris: e so che molti dubbi e molte domande affollano la tua mente. Però, dovremmo rimandare tutto a più tardi: come puoi notare, ti stai appesantendo- disse. Solo allora mi resi conto che, in maniera gradualmente più veloce, stavo perdendo velocemente di quota. Spaventata, provai instintivamente a spalancare le braccia, ma non vi era membrana nè piume di sorta che, in un corpo diverso, mi avrebbero permesso di planare.
Non appena la mia velocità di discesa aumentò ancora, tuttavia, percepii le piccole mani dello Spirito avvolgersi al mio braccio, e dopo uno strattone la mia caduta s'arrestò. Guardai in alto: le bianche ali di Atrebil si erano fatte immense, sproporzionate al corpo seppur eleganti nell'insieme, e sbattendole appena l'infante mi poggiò incolume sul terreno, accanto al mio corpo di drago ancora immobile sul posto. Dopodichè, mi atterrò accanto: le sue ali si ridussero immediatamente di grandezza, tornando proporzionate al resto del piccolo corpo.
-Ecco... Adesso non rimane che aspettare. E nell'attesa, potremo parlare quanto vuoi- concluse con voce semplice. La ascoltai appena, dirigendomi verso il mio corpo draconico: come un'immensa statua bianca, l'involucro era rimasto fermo immobile, e risultava freddo al tatto. Alzai lo sguardo, approfittando dell'occasione per riminarmi dall'esterno: nonostante lo sguardo spento, vuoto, la me draconica che avevo di fronte non poteva non incutere un certo tremore. Ecco come si sentivano le mie vittime, prima di essere dilaniate... Come si sentivano tutti i conigli, i cerbiatti e gli altri erbivori prima di essere divorati. Mi voltai verso Atrebil con un brivido, sentendomi impovvisamente molto vulnerabile: -Sai come faccio a rientrare là dento? Come faccio ad uscire da questa dimensione?-
-Per uscire devi rientrare in quel corpo... E per rientrare in quel corpo, avrai bisogno di attendere un po': ora come ora, l'involucro della tua anima risulta danneggiato dall'attacco di quei parassiti... Dovrai attendere qui fuori finchè tutto si sarà rimarginato-.
La guardai senza capire, così ella si diresse verso di me con un battito d'ali, e prendendomi delicatamente un braccio tra le mani mi indicò con la punta del dito una delle ferite infertemi dai topi di poco prima: ora che ero più calma e che il sangue si era fermato, potevo notare un bagliore soffuso provenire dall'interno della ferita.
-Quella luce che vedi è la tua essenza, la tua vera anima. Ogni essere vivente, oltre al proprio involucro carnale, possiede svariati strati prottettivi che proteggono il vero io di ciascuno dalla crudeltà del mondo esterno... Gli esseri di poco fa erano delle creature appositamente sviluppate per nutrirsi dell'Anima e dei suoi involucri: grazie ai loro poteri, si fanno via via strada nella coscienza di un inviduo indebolendone e dilaniandone le protezioni dell'essenza man mano che procedono con l'opera, fin quando non arrivano a prosciugarene l'anima vera e propria. Ciò che rimane di un essere in questo stato è semplicemente l'involucro carnale, al di fuori dei sogni, che è costretto a perire per mancanza della propria essenza oppure, nei rari casi in cui frammenti dell'anima sono stati risparmiati dalla furia del parassita, a rimanere inconsciamente trattenuto tra vita e morte, in uno stato vegetativo e di stasi...Hai corso un grande rischio, Iris-StelladiGhiaccio- concluse con voce via via più grave la ragazzina, guardandomi con l'espressione di una bambina che, passato un incubo, si rassicura dopo aver trovato il proprio orsacchiotto.
Rabbrividii a quelle parole, rammentando vagamente tutti i tremendi incubi e gli attimi di agonia che avevo vissuto da quando avevo chiuso gli occhi nel mondo reale: quindi, ogni vita che avevo perso molto probabilmente rappresentava un involucro... Evidentemente, se mi fossi battuta di più avrei evitato di ridurmi in quello stato così penoso.
-E dunque... Adesso che devo fare?- ribattei debolmente, titubante, come se avessi distrutto qualcosa di complicatissimo.
Lei sorrise un'ennesima volta, rassicurandomi con il calore del suo sguardo mentre tastava delicatamente la ferita luminosa, come per controllarne le condizioni: -La maggior parte dei tuoi scudi sono stati completamente divorati da quel branco dei parassiti: rimangono solo l'involucro del Drago e quello che ancora è attaccato all'anima. Tuttavia... L'essenza stessa non è stata intaccata, e questo è l'importante: il tuo spirito non ha dunque perduto nulla. A questo punto, non ci resta che attendere che lo scudo ancora attaccato all'anima si risaldi, e poi ti aiuterò a rimpiantarti nuovamente nell'involucro draconico: da lì, nel giro di poco il resto degli involucri si riformeranno da soli-.
Se è possibile, la spiegazione mi fece sentire ancora più vulnerabile... Mi strinsi tra le braccia, sentendo improvvisamente freddo e sedendomi accanto al corpo draconico. Lei si accucciò accanto a me, massaggiandomi la schiena con movimenti dolci che tradivano però una certa preoccupazione: era implicitamente palese la sua domanda inespressa.
-E' che... Mi sento così insicura: pensavo di essere abbastanza cresciuta da riuscire a badare da sola a me stessa, o almeno di essere riuscita a maturare un po' da quando sono a questo mondo. E invece... Non riesco a non far soffrire le persone che mi stanno vicino, e sono talmente banale da risultare prevedibile, e quindi manipolabile. E tutti... Tutti qui si aspettano qualcosa da me... Qualcosa che non sarò in grado di fare, perché sono una creatura talmente debole psicologicamente da non riuscire nemmeno a fronteggiare degli stupidi topi!- le dissi sconfortata, sentendomi sull'orlo delle lacrime: si poteva piangere, nella situazione in cui mi trovavo? L'avrei scoperto presto.
Per tutta risposta, Atrebil si limitò ad abbracciarmi in silenzio, circondandomi con le piccole braccia come avrebbe fatto la mia migliore amica, in una sensazione stravagante come un deja-vu. Rimanemmo così per un po', fin quando non riuscii a calmarmi. Solo allora, la bimba parlò: -Non devi preoccuparti di questo, per il momento: nessuno ti chiederà di fronteggiare un nemico potente come quello che ti aspetta ora come ora. Avrai il tempo di rinforzarti, di maturare e di temperare: e nonostante tutto, non sarai da sola davanti al nemico... Non è questa la maniera in cui devi porti adesso: ricordi come, prima, stavi riuscendo a fuggire mentre lottavi, e di come i parssiti ti abbiano poi raggiunto quando hai cominciato a dubitare di te? Ora come ora, l'insicurezza ed il pessimismo portano solo ad indebolirti, a rendere vulnerabile la tua anima indebolendo ogni protezione: e più l'involucro cede, più questi sentimenti impregnano l'anima... Risparmia il pessimismo per quando sarai abbastanza forte da utilizzarlo per renderti conto dei tuoi limiti e le tue capacità, in modo da non commettere l'errore di esser troppo sicura di te: adesso devi solo pensare ad andare avanti. Pensa alle persone che hai abbandonato al di fuori di questo incubo, e trova in loro la capacità di reagire: ti sei solo indebolita parecchio per questo sogno forzato e logorante... Ma sicuramente riuscirai a riprenderti, perché sei una persona più forte di quanto credi in questo momento- concluse sciogliendosi dall'abbraccio.
Era strano come fosse riuscita ad inquadrarmi bene... Sembrava che le sue parole si adattassero perfettamente alla mia situazione: probabilmnete era abituata a parlare con creature nella mia stessa situazione, esseri deboli come...
Scrollai la testa, evitando di pensare a quello e vagando con la mente per cercare qualcosa di diverso su cui concentrarmi: non ci volle molto a rievocare la crudeltà che Atrebil aveva usato, poco prima, nei confronti di quegli esseri, ed a tutto ciò che era legato a quell'episodio. Guardai nuovamente lo Spirito con occhi diversi, tentando di coglierne il lato oscuro: ma la sua innocenza apparente, come spesso mi era già accaduto con i Narug, mi rendeva estremamente difficile il riuscire ad inquadrare in maniera oggettiva la situazione.
-Immagino che tu non abbia finito con le domande...- mi incalzò allora lei, avendo notato il mio sguardo indagatore senza fastidio apparente.
Ero tentata di scrollare rispettosamente la testa, negandomi la possibilità di capire meglio la situazione per evitare in segno di rispetto domande imbarazzanti, ma decisi alfine di cedere alla curiosità: dopo tutto, anche io ero in qualche modo legata a lei... E, considerando la situazione, potevo dire di sentirla emotivamente più vicina del lecito.
-In effetti... Una sola domanda: come può uno spirito come te, madre di tutte le creature, rivelarsi tanto crudele nei confronti di quei parassiti? Non ti posso non esser debitrice per avermi salvata, ma difatti quei topi stavano semplicemente procacciandosi da vivere...-
Lo sguardo con cui mi guardò dopo questa affermazione mi fece azzittire, pietrificata: i suoi occhi erano due lastre di ghiaccio, e mi scrutavano implacabile.
-Loro non sono miei figli... Sono legati solo all'Oscurità, quindi non li ho creati io. Hanno osato mancarmi di rispetto, disobbidendo ad un mio ordine, e per questo hanno pagato come dovevano. E poi...- Abbassando la testa, di modo che i suoi occhi non fossero più visibili, la bambina ridusse la sua voce ad un sussurro appena percettibile. -Non posso rischiare di perderti...-
Subito dopo, però, lo Spirito sembrò riprendersi tornando dolce e tranquilla: -Non posso permettere che la mia cara Bijuck, nè il popolo draconico, si estingua, non trovi? Ne va della mia stessa incolumità... E quindi, proteggerti equivale a proteggere tutta la nazione draconica: un parassita di meno non nuocerà certo in egual misura alla propria razza...- concluse con una scrollata di spalle.
Il discorso sembrava reggere sul piano logico... Tuttavia, non potevo non sentirmi turbata per quella frase detta a bassa voce: non tanto per il contesto, quanto per il tono amaro, lievemente disperato, con cui era stata detta.
-Capisco...- conclusi affatto convinta, sia per il ragionamento che per il resto: ma, per l'appunto, avevo appena instintivamente scoperto quale era il limite invalicabile oltre il quale dovevo astenermi da far domande...
Passarono momenti di silenzio, in cui entrambe godemmo della semplice presenza dell'altra e che ebbero il valore di mille parole: nessuna delle due pareva improvvisamente propensa a parlare...Io per prima, in quanto quel silenzio in compagnia, una volta dipanata una parte dei miei dubbi, mi giovava come la migliore delle medicine nell'aiutarmi a rilassarmi e a tornare ad uno stato di quiete abbastanza profondo da rendermi tranquilla...
Dopo un po', con aria soddisfatta, Atrebil si azlò allontanandosi di qualche passo da me, per poi aprire le braccia come contemplando una creatura splendida: -Finalmente hai raggiunto l'atarassia, la completa quiete dell'anima- disse sorridendomi come una mamma che loda il proprio figlio. -Le tue ferite di questo strato sembrano essere guarite in tempo estremamente breve... Hai fatto un ottimo lavoro-.
Le sorrisi a mia volta, alzandomi per raggiungerla: -Tutto grazie a te, di certo... Da sola non ce l'avrei mai...-
-Non dirlo- mi ammon' bonariamente lei, zittendomi allungando una mano per sfiorarmi la bocca con l'indice, -Di certo non giova alla tua autostima... E devo ammettere che ce l'avresti fatta perfettamente anche da sola, sono sincera: io ho dato solo un piccolo... Ausilio- disse strizzandomi l'occhio: quella complicità mi rendeva estremamente felice, percepivo di aver trovato un'amica fedele in quel piccolo spirito... E di essere in grado di accettarla nonostante le sue ombre: mi sentii piuttosto saggia, per questo.
Spostando la mano dalla bocca alla mia, Atrebil mi condusse con fare gentile verso il mio dinnanzi al mio corpo draconico, rimasto immobile ed inviolato come una statua d'avorio.
-Bene, questo è il tempo che ritorni nel tuo secondo involucro..Ed anche quello di separarci: con i miei poteri ti aiuterò ad uscire di qui, riportandoti definitivamente al di fuori dei sogni-
La guardai commossa annuendo. -Grazie mille di tutto... ci rincontreremo-
-Di questo puoi starne certa... E molto prima di quanto pensi. Comunque... Tieni stretta questa tra le tue mani: ti aiuterà nel tuo viaggio al di là dei sogni-. Con movimenti delicati, prese tra le mani una delle sue belle ali, e staccandone una piuma candida me la porse.
-Ora chiudi gli occhi... E mantieni la mente calma-.
Obbedii, accovacciandomi tra le zampe -le mie zampe- del dragone sopito. Non so esattamente cosa successe dopo: percepii al di là delle palpebre socchiuse un bagliore latteo, penetrante... Poi, fu come cadere sopita nel mio stesso sogno: la mia mente si chiuse, ed io tornai a dormire un sonno leggero e vuoto, privo di incubi o di piacevoli incontri.

Thursday, April 23, 2009

Chimera ed Essenza

Seguimmo la pista d'odore fino ad arrivare ad una selva dai tronchi perlacei e le foglie secche che trasudavano senso di morte seppur ancora pulsanti di debole vitalità, come fossero zombie di vegetali: lì atterrammo, e senza perdere altro tempo c'inoltrammo nel bosco spettrale.
-Avrai capito, la chimera si trova qui dentro- mormorò Squama. -Ma è meglio entrare da qui: sarebbe stato difficile seguire la pista dall'alto, ed inoltre questi rami sono talmente fitti che sarebbe stato complicato anche l'atterraggio-.
Rimasi in silenzio, guardandomi intorno con aria circospetta: quel luogo era davvero da incubo... Ma niente in confronto rispetto a quello che avevo già passato in quegli ultimi tempi: dopotutto, secondo Squama sarebbe stata una cosa quasi semplice...
-Perché gli alberi sono in questo stato?- mormorai, mentre per passare ne sfioravo una radice flaccida con la coda.
-E' l'influsso della Chimera, credo: probailmente, uno degli animali che la compongono utilizza il veleno. Aspetta un secondo...- mi rispose, chiudendo gli occhi. Rimase un momento immobile, il respiro talmente lieve da sembrare inesistente, mentre io e Selvaggia lo scrutavamo ansiose... Poi riaprì gli occhi, ansimando. -Capisco- disse solo, riprendendo a camminare. Selvaggia lo guardò inquieta, per poi chiudere gli occhi anche lei... -Fossi in te, non lo farei- le borbottò Squama, truce, per poi continuare.
Avevo ripreso a muovermi anche io, e quando mi trovai abbastanza vicino a Squama, domandai: -Allora?-
-Allora, sono riuscito a meglio comprendere la nostra situazione: mi sono messo in contatto con questi alberi, e tutti stanno soffrendo a causa del veleno della chimera...Veleno di scorpione, credo sia: nella sua follia, la nostra signorina ha impregnato con il proprio pungiglione una buona parte degli alberi di questo bosco di una gran bella dose di veleno.-
Rabbrividii: -Quindi, tutti questi alberi sono destinati a morire?- domandai impotente.
-No...Non tutti: in sè, questo veleno non è mortale... Tuttavia, fa sì che le vittime cadano in uno stato di doloroso intorpidimento simile al sonno ma molto più profondo...-
-...Un coma, quindi- suggerii io.
-Non so di cosa tu stia parlando...Comunque, chiamalo un po' come ti pare: il problema fondamentale di questo stato è che attrae con facilità i Parassiti del Sonno...Sono dei Figli di Spirito dell'Oscurità, che tendono ad insediarsi nei sogni delle vittime ed a succhiarne via una buona fetta, lasciando al loro posto incubi... Cosa che, in dosi eccessive, può portare anche alla morte-.
-Oh... Ma come, scusa?! Gli alberi dormono?!-
-Beh, ovvio che sì: non nello stesso modo in cui dormiamo noi animali...Però va detto che abbiamo dei coma molto simili- concluse con aria allegra, quasi fosse infantilmente gioioso di poter utilizzare quella nuova parola.
Tornò il silenzio tra noi, reso ancora più innaturale dalla totale mancanza di suoni di altro genere: non uno squittìo, non un cinguettìo, non un alito di vento...Niente: quasi che la Morte si fosse preparata ben bene il terreno su cui muoversi, prima di venire a mieter vittime tra le piante.

Fu forse per questo motivo che la avvertimmo subito... O, meglio, ne avvertimmo i rantoli: era strano, perché si avvertivano dei respiri quasi simutanei, eppur distinti, come se stesse inspirando ed espirando contemporaneamente...
Squama si bloccò, mettendosi abbastanza distante da me: -Ci siamo... Eccola-.
Mi posizionai in modo da guardargli le spalle, mentre Selvaggia balzava via da lui, per mettersi di lato: eravamo scoperti da un fronte, ma comunque in superiorità numerica.
-Hai un piano?- bisbigliai al drago, nervosa per la battaglia imminente.
-No... Ci guiderà il puro istinto: le uniche a cui dobbiamo fare attenzione è di evitare di sfiorarci durante il combattimento per evitare di diffondere il tuo marchio da Rinnegata... E che sia proprio tu a neutralizzare la Chimera...A darle il colpo di grazzia, in modo da scinderla o da ucciderla: altrimenti, quei dannati Figli di Spirito avrebbero una scusa a cui aggrapparsi per dire che non hai rispettato i patti-.
-Ah...E come dovrei fare?- la tensione aumentò ancora, così quando sentii uno scricchiolio alla mia destra mi voltai con uno scatto unito ad un ringhio esagerato.
Percepii un che di divertito nel tono di Squama. -Rilassati: potrebbe essere quasi divertente...Basta solo focalizzare come la creatura può iniettare il veleno e riuscire a schivarne gli attacchi...Per il resto, è molto, molto più semplice che combattere un drago sputante fuoco, come hai fatto tu in tempi non lontani- concluse: lo sentivo così calmo... La cosa mi acquietò un po', seppur con una punta di invidia per il suo sangue freddo.
Mi voltai verso Selvaggia, preoccupata per la Lunare. -Come pensi di fare, te? Non hai armi...- le mormorai.
Lei parve un momento offesa, poi ghignò con espressione divertita. -Questo lo credi te. Sono consacrata a Lenrock anche io...- mi comunicò con un certo orgoglio. -In teoria, avrei anche avuto un'arma, dono di Re Asperon...Ma era assicurata alle bisacce di Cripto, che purtroppo adesso non è con noi-.
-Oh... Tanto per non rendere le cose troppo semplici- borbottai.
In quel momento, udii uno schiocco proprio innanzi a me, poi silenzio: la creatura si era fermata, appostata dietro ad un gran cespuglio dalle foglie spente... Concentrandomi, riuscivo perfino ad intravederne gli occhi, dei piccoli bagliori quasi invisibili tra le fronde. Tuttavia, qualcosa non quadrava: i bagliori erano più di due... Non mi curai troppo di questo, concentrata.
-E' davanti a me: distanziamoci, altrimenti rischio di urtarvi...- mormorai, compiendo un passo verso la creatura. Sentii dei movimenti dietro di me, segno che i miei compagni avevano seguito il mio suggerimento: forutnatamente, quel luogo sembrava abbastanza amplio da poterci permettere un buon margine di manovra... Tuttavia, il fatto che il cielo fosse completamente invisibile per via delle fronde mi dava un gran fastidio: come se stessimo per combattere nel sottosulolo o negli abissi, quella situazione mi dava una sensazione di claustrofobia non indifferente.
Fu in quel momento: concentrata com'ero nel fissare la cosa davanti ai miei occhi, feci in tempo solo all'ultimo secondo di schivare abbassandomi un'ombra sbucata fuori dalla boscaglia ad una velocità pazzesca, e che mi era saltata addosso... L'unica percezione concreta che ebbi di lei fu il dolore, dovuto ad una ferita di striscio sul dorso.
Mi voltai di scatto verso il punto dove era atterrata la creatura: era un'essere alto al garrese come un grosso cavallo da calesse, avente l'aspetto di un animale simile ad un lupo da una folta pelliccia azzurrina. Tuttavia, l'essere era molto più gorttesco di un canide votato alla Luna: questo aveva infatti due code, quattro occhi allungati color rosso sangue ed otto zampe simili a quelle di un ragno.
La creatura mi ringhò contro, mostrando la dentatura aguzza e bavosa, ed avanzò verso di me... Sgranai gli occhi: non poggiava le zampe sul terreno, era come se stesse fluttuando per aria.
-Un'altra Chimera...Davvero una bella faccenda ci hanno affibiato i nostri amici Cornuti! Spero solo gli si spezzino veramente le corna...- Squama si affiancò a me, ringhiando a sua volta contro il ragno-lupo, che arrestò la sua avanzata.
In quel momento, avanzò verso di noi anche la figura che fino a poco prima era nascosta in mezzo alle fronde: un essere più piccolo dell'altra, dotata di una testa di un coniglio dalla mostruosa dentatura ed un corpo magro color giallo sporco, tappezzato di piccole macchie e dotato di zampe dall'aspetto letale, pur rircodanti appena quelle del piccolo roditore... L'essere aprì la bocca, emettendo un verso simile a quello di una risata maligna, di scherno: non mi fu difficile capire quale fosse il secondo animale con cui si era incrociato il coniglio.
-Il lupo-ragno... Ed il Coniglio-Iena...- mormorai disgustata: era peggio di quanto avessi mai potuto immaginare...
Le due Chimere s'avvicinarono, cominciando a giraci attorno.
-Beh...Comunque siamo in vantaggio numerico- azzardai.
-...Sì, ma vi è un secondo svantaggio: essendo entrambe le Chimere composte da animali legati a Lenrock, non possiamo sapere quale delle due sia quella che t'interessa per adempiere il tuo incarico. Ergo...Credo che le debba distruggere entrambe tu-
Ah, che bella nuova... Con il corpo mi duoleva da morire a causa del marchio da Rinnegata, combattere due bestioni del genere era proprio quello che ci voleva!
In quel momento, qualcosa cambiò: la Mezzaiena, sempre sghignazzando a singulti, aumentò la velocità della corsa in un attimo, divenendo niente di più che una giallognola macchia indistinta.
Persi solo un istante nel tentare di seguirla, e quando frustrata tornai a guardare nel punto in cui si trovava prima, nel tentativo di rintracciare la MezzaLupa, constatai con orrore che questa era scomparsa.
-Notevole: probabilmente una strategia della Iena, consacrata alla Luce e quindi generalmente dotata nel tessere intrighi... Lei ha sfruttato la velocità insita negli esseri della Terra, ereditata dal coniglio, per tentare di distrarci... E nel mentre la sua compare è riuscita a rendersi invisibile grazie ai Poteri dell'Oscurità. Niente male davvero, considerando che non possiamo nemmeno capire la posizione della MezzoRagno guardando per terra, dato che non tocca terreno con le zampe, nè dall'odore e dal rumore dei suoi movimenti, dato che il MezzoConiglio continua a muoversi alzando polvere...- cominciò Squama, all'apparenza calmo e quasi interessato alle tecniche di caccia dei due mostri.
-Va bene, va bene: ho capito che hai capito, ma adesso che ne dici di trovare una contromossa?- ribattei nervosa.
In quel momento, il Mezzolupo atterrò con un tonfo sulla mia groppa, tentando di mordermi un fianco. Per fortuna, i suoi denti non fecero presa sulle mie squame dure, così ebbi il tempo di scrollarlo via con un ringhio, impennandomi come un cavallo selvatico.
Guardai disgustata l'essere, che si contorceva a zampe all'aria in maniera ributtante: da umana mi avevano sempre fatto paura, gli insetti... Ma adesso non era il caso di cadere nelle fobie.
-Attenta a non farti mordere...- mormorò al mio fianco Squama -E' lei la Chimera che ha avvelenato questo bosco...Non vorrai anche tu fare coma-.
Morfologicamente errato, ma in sè quella frase aveva senso...Non mi voltai nemmeno a guardare il drago, avvicinandomi all'essere capovolto supino e lottante in vano per alzarsi, dimenando le lunghe zampe. -Ma non doveva essere uno scorpione?-
-Ragni e scorpioni hanno veleni molto simili, e dotati dello stesso effetto...Adesso, se non ti dispiace, sto tentando di bloccare la nostra amica corridrice con l'aiuto della nostra cara Selvaggia: nel frattempo occupati di quell'altra, prima che si rialzi di nuovo. Te l'avevo detto, no? Facile come cacciare un cervo-.
Annuii tra me e me, andando a posizionarmi innanzi alla Chimera ancora rivoltata, ma giacente ormai immobile: non volevo sopprimerla del tutto, avendo la possibilità di dividere e salvare le vite dei due animali...Ma come dovevo fare?
Il primo impulso fu quello di interpellare i miei amici, ma lasciai perdere: sentivo che era una questione che dovevo risolvere da sola, come era stato domare il Vento. Squama aveva detto che ciò che mi apprestavo a fare era una delle capacità quasi esclusive dei draghi, quindi ciò che dovevo fare era lasciarmi guidare dall'istinto.
Respirai per calmarmi, ignorando il ridacchiare sadico della MezzaIena che ancora si limitava a galoppare attorno a noi, probabilmente escogitando una contromossa...Mi distaccai da tutti questi pensieri, lasciandomi avvolgere da quel lato bestiale del mio nuovo stile di vita, che spesso adoperavo per compiere le azioni che da umana non avrei mai compiuto, ma al quale non m'abbandonavo mai troppo e che ero sempre restia ad usare, come fosse una maledizione che a poco a poco avrebbe preso il sopravvento su di me... Questo era il mio pregiudizio, che in quel momento come non mai ero decisa a superare.
Scavai a fondo nel mio subconscio, distaccandomi dalla realtà, come se stessi raggomitolando la mia stessa anima su sè stessa nel tentativo di imparare ciò che tutti gli altri draghi davano già per scontato, e che io dovevo andare a ripescare in ciò che erano quelle remote memorie arcane acquisite con questo corpo, di cui avevo una coscienza ed una conoscenza molto limitata... Persi la nozione del tempo, quella del mondo che mi circondava, quella dei miei sentimenti, isolandomi sempre di più fin quando, come quando nel dormiveglia si smette di vagare nel sonno per tornare un momento alla realtà, cominciai quasi tutt'un tratto a percepire il mondo in maniera diversa: come se fossi divenuta cieca, non vi erano più singoli oggetti divisi per forma definita e colore... Con questa assurda perdita della vista, tutti gli altri sensi si erano potenziati in pocchissimo tempo: suoni, odori, percezioni tattili, perfino il sapore della mia stessa saliva impregnata di qualche goccia del sangue della Chimera avevano un che di più acuto, quasi doloroso. Per un attimo, per tutta quella quantità di nuove informazioni rischiai di perdere la concentrazione e di tornare indietro, nella zona a me più conosciuta della mia anima...
Fu in quel momento che, quasi senza accorgermene, percepii una nuova sensazione, che pian piano avendola inquadrata si fece sempre più definita: se facevo attenzione, riuscivo a percepire un qualcosa di diverso, che mi permetteva anche senza l'ausilio di tutti gli altri sensi di dividere tutto ciò che mi circondava in base alla presenza più o meno accentuata di... Di... Magia? Vitalità? Non riuscivo ad inquadrare bene il fenomeno, anche perché era manifesto in una forma che mai avevo provato prima d'allora, una specie di fusione tra odorato e la percezione che si manifesta debolmente quando si ha la sensazione di essere osservati... Un Sesto Senso quanto mai inaspettato, consistente in una Sensazione a sè, che man mano cominciava a divenire più chiara seppur complessa: non appena individuata meglio la questione, mi si presentava palese che, come gli odori, i suoni ed i colori, le Sensazioni erano molteplici, varianti da creatura a creatura, ognuna con il proprio fascino dovuto alla mia ignoranza nei loro confronti...Avrei potuto starmene immobile lì delle ore per poterle studiare tutte, ma il motivo per cui mi ero immersa in quel mondo era distante dalla pura e semplice curiosità...
Ancora adoperando quella strana abilità, agendo velocemente per implicito timore che scomparisse, mi concentrai sul MezzoLupo innanzi a me: nell'essere c'era qualcosa di strano anche per quanto riguardava quella strana presenza... La Chimera emanava un che di acre e nauseabondo, talmente fastidioso che mi faceva venir voglia di perdere volontariamente la concentrazione ed affondare direttamente i denti nella sua giugulare... Eppure, in maniera molto labile, sapevo che non tutto era una situazione stabile: comprendevo che quella percezione di Sensazione stagnante era dovuta al fatto che due singoli componenti di cui essa era formata, di per sè del tutto innocui, erano stati mal assortiti, e producevano quell'obrobrio. E non solo... Con questa implicita conoscenza che avevo appurato era sopraggiunto anche una specie d'istinto, che mi portava quasi meccanicamente a sapere come le due Sensazioni potevano essere divise per farle tornare alla normalità: mi bastava solo affidarmi ad esso, e sapevo per certo che sarei riuscita a Scindere quella Chimera con uno sforzo minimo, se non inesistente...
In quel momento, proprio quando stavo per apprestarmi a compiere il mio dovere, percepii un improvviso aumento della spiacevolezza nella Sensazione dell'essere, così improvvisa e potente da essere quasi dolorosa. Scrollai la testa, irritata, per poi accorgermi di esser ritornata a guardare il mondo con gli occhi di prima: quasi come se tutto ciò che avevo fatto fosse stato un sogno...
La Chimera davanti a me era appena riuscita a rigirarsi, e mi fissava con uno strano movimento delle fauci, come stesse masticando...
Intontita com'ero dal brutale ritorno alla percezione sensoriale di prima, quasi mi fossi appena svegliata da un sogno, non riuscii ad agire in tempo: il Mezzolupo aprì le fauci, e mi sputò direttamente sugli occhi una specie di sostanza appiccicosa e maleodorante. Il tempo che impiegai per togliermi la roba viscosa dal muso con una zampata, e l'essere era già scomparso da dinnanzi a me con i suoi soliti movimenti silenti: la risata che percepii dalla MezzaIena ancora gironzolante attorno a noi, ma stavolta facente slalom tra i cespugli, aveva assunto un che di sarcastico...
-Sei un autentico disastro... Non ci voleva molto a fare ciò che dovevi, a quel punto!- mi voltai verso l'innervosito Squama, che mi guardava furioso. -D'accordo che è semplice, ma evita di giocherellare troppo con la preda! E' solo segno di indisposizione d'animo!-
Le sue parole bruciarono dolorosamente il mio orgoglio, facendomi fremere di un debole ringhio...Eppure, sapevo che non gliene dovevo avere, perché in buona parte aveva ragione e perché non avevo alcuna voglia di arrabbiarmi con lui.
-Era la prima volta che provavo quel qualcosa...Ero quasi riuscita a scindere i due componenti della Chimera: ho perso solo un poco di tempo per rendermi conto di ciò che accadeva...-
Il drago mio alleato sospirò rassegnato. -Effettivamente, se come per te era la prima volta che provavi una cosa simile, è comprensibile un senso di smarrimento...Rammento che la prima volta che riuscii a percepire l'Essenza delle cose, quando ero ancora un cuccioletto ridicolo, rimasi fermo su un masso un'intera giornata, ad esplorare i meandri del posto dove vivevo con quella nuova capacità...-
-Non mi pare il momento più adatto per parlare di queste cose! Non perdete la concentrazione!- Ci gridò in quel momento Selvaggia, riportandoci all'ordine: era destino che quella giornata venissi ripresa proprio da tutti... Per lo meno, stavolta la ramanzina era toccata pure al saggio Squama.
Il drago verde sbuffò: -Non mi sembra il caso di agitarsi tanto: la situazione è quasi del tutto sotto controllo. Adesso torniamo a noi, Notturna... Stella, coprici le spalle mentre finiamo di preparare la trappola per la nostra amica ridacchiante... E se per caso ti capita di tramortire qualche mostro, evita di sprecare tempo prezioso e...-
-Lo so, lo so: non hai niente di meglio da fare?- gli chiesi seccata, per poi tornare a guardarmi intorno, nel tentativo di localizzare la Chimera MezzoLupo: avevo un conto in sospeso con lei...Nessuno poteva sputarmi in faccia e passarla liscia!
L'essere si era evidentemente reso invisibile, probabilmente di utilizzare lo stesso stratagemma di prima per attaccarmi. Sospirando, presi a cercarlo frenetica, annusando ed ascoltando ogni singolo rumore: tutto inutile. Provai allora a cercarlo rintracciando l'Essenza discordante, che bene mi era rimasta impressa in mente (tentativo che attuai anche solo come insulso movente per esplorare ancora quella strana funzione), ma a quanto pareva anch'essa era celata, come tutto il resto del corpo... Dopo questo infruttuoso tentativo, tornai in me con a grande velocità, per paura di perder come prima la nozione del tempo.
Il sapere che qualcosa di feroce ma impossibile da rintracciare che mi circondava era una conoscenza atroce, che mi innervosiva... Scrollai la testa per calmarmi, rammentando a me stessa di dover rimanere lucida.
Fu allora che lo notai: un piccolo scintillio a mezz'aria, tradente la presenza di un qualcosa che sarebbe rimasto nascosto se non avessi mosso il capo, anche se l'avessi cercato di proposito. Attenta a non perdere la concetrazione da quel punto specifico, mi avvicinai per osservare meglio: era un filo fine e quasi impercettibile, di una sostanza semitrasparente...
-Tombola- mormorai: avevo trovato il motivo del grande silenzio nei passi del MezzoLupo, e della sua capacità di camminare per aria.
Da quel piccolo filo, mi fu facile poi rintracciare tutto il resto della ragnatela: a notarlo bene non vi era praticamente ramo degli alberi morti a non esser ingarbugliato di quella sostanza, probabilmente fragile solo all'apparenza, dato che riusciva a reggere il peso della Chimera.
Un solo, minuscolo filo trovato per fortuna, e la Chimera mi apparve come per magia: adesso ne riuscivo a percepire la posizione mediante le porzioni della tela leggermente più inclinate di altre... E da lì, la contromossa: muovendomi in fretta, adocchiai i fili che mantenevano stabile la tela di ragno, e dove si attaccavano agli alberi... La creatura era stata intelligente fino a quel momento, ma forse troppo sicura di sè, dato che gran parte di questi punti si trovavano per terra, attaccati ai punti più bassi degli alberi dietro ai cespugli delimitanti la radura...
Con un sorriso soddisfatto. mi diressi verso uno dei cespugli nascondenti l'inizio del filo ed alzai una zampa per riuscire a reciderlo con gli artigli affilati, in un movimento felino...
Ma non feci in tempo a concludere il mio colpo, che qualcosa bloccò la zampa a mezz'aria: un qualcosa di resistente ed appiccicoso.
Sgranai gli occhi ringhiando, provando a liberarare la zampa con un instintivo scatto unito ad un veloce movimento all'indietro, ma non servì a nulla se non ad imprigionare di più l'arto. Torsi il collo per guardare dietro di me, seguendo la direzione del filo: la Chimera Lupo rispose al mio sguardo, finalmente visibile dall'alto della sua tela, il filo lavorato dalle due zampe più avanti che ancora penzolava dalla bocca. Ringhiai alla creatura, dando dei forti strattoni alla sorta di guinzaglio che ancora mi teneva nel tentativo di risucire ad avvicinarla a me...
La cosa non portò a nulla, se non ad un dolore atroce alla zampa: ruggii allibita e sofferente guardandola, non capendo come avesse fatto quel semplice movimento a farmi tanto male... Era il Marchio da Rinnegata: ogni volta che il filo vi si muoveva sopra, mi produceva un'atroce fitta di dolore.
Tornai ad osservare con furia crescente l'essere che mi teneva prigioniera: sembrava come se stesse masticando qualcosa, probabilmente altra di quella maledetta sostanza. Era esplicito si stesse facendo beffe di me: distante ma non troppo, raggiungibile con un balzo o un battito d'ali, che però mi avrebbero fatto avvinghiare alla sua rete dannata, facendo reagire il marchio di tutto il corpo: se solo avessi saputo sputare fiamme...
In quell'istante la situazione mutò: un qualcosa di molto veloce colpì la creatura, mandandola a sbattere ad un albero e strappandole di netto il filo dalle zampe: non persi tempo, e con veloce delicatezza rimossi il maledetto nastro dal mio arto, per poi tornare alla ricerca della Chimera. La rividi su un albero, incastrata tra alcuni rami... O, meglio, soffocata dai rami: l'albero sembrava aver preso vigore proprio, e stritolava sempre più il Mezzolupo al suo tronco, come un agghiacciante abbraccio mortale.
-Serviva aiuto?-
Mi voltai verso Selvaggia: l'Elfa mi sembrava piuttosto provata, ma aveva un sorriso soddisfatto che le illuminava il bel volto.
-Siamo riusciti a risvegliare la maggior parte degli alberi di questa radura, e loro ci stanno ringraziando con dell'aiuto... Oh! Dietro di te!- gridò subito dopo, con un tono più allarmato.
Immaginando cosa intendesse, voltai solo di tre quarti il corpo con un potente movimento di coda. Avevo indovinato: la Chimera-Iena, probabilmente balzatami addosso per attaccarmi, fu propettata con forza su un albero, che con un movimento quasi famelico si strinse sulla creatura.
Mi voltai verso Selvaggia, riconoscente... Ma la mia espressione mutò subito in preoccupazione: l'Elfa respirava a fatica, e tutta la faccia era deturpata da una smorfia di dolore e concentrazione angosciata...
-Stella, non trastullarti! Pensa alla Chimere!- mi gridò Squama senza nemmeno guardarmi, concentrato sulla Chimera-Lupa.
Annuii prontamente, concentrandomi: la percezione dell'Essenza venne praticamente nello stesso istante in cui chiusi gli occhi. Sondai velocemente la radura, concentrandomi sulla Chimera più vicina, ovvero la MezzaIena: era straordinario come le sue Essenze Discordanti fossero diversissime da quelle dell'altra Chimera, pur ricordandole vagamente... Smisi di divagare, e con attenzione trovai il punto di maggiore discordanza tra le due Essenze e le divisi nella maniera inspiegabile insita della mia nuova capacità, dolcemente, come un direttore d'orchestra paziente insegna a due suonatori in erba la maniera di suonare assieme la più bella delle sinfonie.
Da lì, fu questione di istanti: risalendo il flusso dell'Essenza la scindevo man mano nelle due entità separate... Senza badarci riuscivo addirittura a capire come i miei sforzi influissero sulla creatura stessa: avevo iniziato dividendo prima le loro menti, poi le percezioni dei sentimenti, ed infine i corpi delle due creature, che più tornavano nella loro reale forma più si rilassavano, sentendosi libere...
Riaprii gli occhi sentendo una specie di squittio lamentoso: un coniglio dal pelo marrone ed una iena dal vello maculato se ne stavano uno accanto all'altro, con la medesima espressione di smarrimento sui musi diversi.
Davvero una strana coppia mi ritrovai a pensare, prima del tentativo della iena di mangiarsi il piccolo roditore, provocando la loro fuga tra gli alberi come se nulla fosse stato: e pensare che prima avevano condiviso il medesimo corpo...Augurai buona fortuna al coniglio.
Un ringhio alla mia destra mi fece voltare di scatto: era Squama, che digrignava i denti per lo sforzo, accucciato addirittura a terra per la concentrazione.
Guardai l'altra Chimera: i rami che la stavano imprigionando erano avvolti dai fili di bava della creatura, che muovendo per quanto le era possibile le zampe ne variava la stretta sui rami e la posizione, causando la rottura dei rami... Tuttavia, questi ultimi erano stretti anche da una vigorosa pianta rampicante, che era posizionata e continuava a crescere in modo da tenere i vari brandelli di rami ancora attaccati al tronco principale ancora insieme.
-Sbrigati, Stella! L'Ombra è una brutta piaga per le creature della Terra!- mi ringhiò Squama, trasalendo: la Chimera era riuscita a spezzare una buona parte dell'intrigo di rami rampicanti, che avevano causato la spaccatura di un grande ramo dell'albero. In questa maniera, la creatura era riuscita a liberare completamente le sue due zampe anteriori, e con esse spingeva con forza per raggiungere un filo della ragnatela tessuta prima.
Non persi altro tempo e tornai nell'altra dimensione, per riuscire a dividere anche quella creatura: più esercitavo questa nuova abilità, più mi risultava veloce percepire il punto in cui l'Essenza delle due creature della Chimera poteva essere diviso.
Avevo quasi finito il lavoro, quando un'incredibile fitta di dolore pervase tutto il corpo, partendo dalla colonna vertebrale e raggiungendo ogni singola squama e fibra del mio essere. Rugii forte, mentre l'intero Marchio che avevo sul corpo reagiva alla Maledizione infertami dai Phooka. Eppure... Forse perché la scarica era avvenuta mentre ero nella trance da istinto, quando tutto il mio corpo è dilatato per poter meglio percepire tutti gli stimoli del mondo esterno, o fose proprio per una maledetta proprietà a sè della Rinnegazione, ma il dolore mi si manifestò in maniera quanto mai più pura, incredibilmente forte e continuo: un attimo, e la concentrazione su ciò che stavo facendo era svanita, sommersa dagli acuti e continui spasimi che mi rendevano follemente furiosa, con una irrefrenabile voglia di muovermi e distruggere tutto per far scemare anche solo di poco quella sensazione troppo, troppo intensa...
Probabilmente, una piccola parte di me sapeva che avrei dovuto fermarmi: qualcosa, una vocina quanto mai flebile ed insulsa probabilmente originaria dalla mia sopita coscienza umana mi imponeva senza risultato di fermarmi...
Ruggii come non avevo mai fatto in vita mia, coprendo il grido di negazione allarmata di Squama e l'inutile invocazione del mio nome da parte di Selvaggia, giunte alle mie orecchie come flaccidi rimbombi fastidiosi: mi voltai verso di loro, seccata, non riconoscendoli se non come una creatura minacciosa simile a me ed una più minuta, possibili nemici che andavano eliminati.
Ma, fortunatamente per loro e per me, prima che potessi avanzare verso loro un suono di ben altra tipologia attrasse come una calamita la mia attenzione: era la Chimera, che ormai aveva sdraticato l'albero a cui era legata. Mi accorsi solo vagamente che aveva mutato forma, un orribile animale a dieci zampe da ragno e da lupo con due teste, risultato probabilmente della mia incompiuta Scissione delle due Essenze... Informazioni superflue, che furono percepite dal mio animo di furia sotto forma di immagini nitide eppure sfocate dall'ira nel medesimo istante. L'animale ringhiò di nuovo, spalancando entrambe le fauci: quel suono fastidioso non faceva che aumentare una fitta più forte che sentivo in fronte e che si propagava per tutto il resto del corpo sotto forma di scariche dolorose... Ruggii anche io: con un ragionamento minimo, capii che distruggendo la creatura che avevo davanti anche quel suono sarebbe smesso... Mi focalizzai instintivamente sull'Essenza discordante della creatura, non per ricominciare il lavoro lasciato incompiuto dalla scarica di dolore ma per individuare con maggior efficacia i punti deboli della creatura, poi spalancai le fauci e tesi i muscoli, pronta a balzare addosso al nuovo nemico.
Balzammo all'unisono uno verso l'altro, scontrandoci a mezz'aria: anche se l'essere nella sua trasformazione era divenuto ancora più grosso, considerando la mia mole non mi srarebbe stato difficile atterrarlo... Tuttavia, l'essere mi sputò nuovamente in faccia la sua pasta appiccicosa per la ragnatela, accecandomi e tappandomi le narici: a quella maniera, anche la sua essenza mi apparve meno definita e persi la conoscenza di parte dei punti deboli della creatura. Ma questo servì solo ad aumentare la mia furia: ancorando l'animale con le zampe prima che potesse scappare, affondai le fauci in quella che riconobbi come la sua spalla prima di atterrarlo con uno schianto.
Con una zampata tanto violenta da graffiarmi in fronte, eliminai la ragnatela dai miei occhi ed osservai la mia preda pressocchè immobilizzata dalla mia mole e mezza tramortita dalla caduta, provando solo un accenno di soddisfazione: il lavoro non era ancora finito, e la rabbia era ancora tanto intensa.
Persi un istante per decidere a quale delle due teste assestare il colpo di grazia, poi puntai alla gola del lupo e vi affondai i denti senza rimpianto nè emozioni di sorta, recidendone la vena della vita: finalmente, pareva che la lotta si fosse conclusa.
L'odore del sangue, il suo sapore metallico ed il suo calore mi diedero nuova lucidità, attenuando enormemente la nube di folle ira che mi ottenebrava la mente: con maggiore delicatezza di prima, estrassi le zanne dalla carne del nemico. Sentii con chiarezza la voce di Squama che mi chiamava, e feci per voltare la testa verso di lui...
Una nuova fitta di dolore alla zampa, tanto acuta quanto inaspettata, mi fece voltare nuovamente: la testa di Ragno della Chimera che credevo ormai morta si era attaccata alla mia zampa con tenacia... Un ultima scintilla di vita balenò negli occhi del ragno, che mi guardò con aria beffarda, poi anche quella creatura si spense: evidentemente, per uccidere una Chimera del genere una giugulare bastava.
Scrollai via con una zampa la testa di ragno, ma sembrava che le sue tenaglie fossero ben incuneate alla mia carne: mi ci vollero un bel po' di strattoni prima di riuscire finalmente a toglierla. Certo, avrei potuto utilizzare le fauci... Ma sentivo il corpo pesante, e mi risultava difficile compiere troppi movimenti...
-Allora abbiamo finito, eh?- proclamai voltandomi verso i miei amici, sorprendendomi per la mia stessa voce stanca ed impastata. La vista mi si annebbiava, tanto che dovetti sbattere più volte gli occhi prima di riuscire a focalizzare i miei amici: sembravano molto preoccupati, soprattutto Selvaggia. Li guardai stupita, senza capire, facendo un passo verso di loro: tuttavia, nel movimento barcollai violentemente.
Il respiro era ridotto a rantoli affannati, la testa era annebbiata, il corpo appesantito: dietro tutto quello vi era qualcosa di ben diverso dalla semplice stanchezza. Eppure... Non riuscivo a capire...
-Squa...ma. Che...mi succe..de?- balbettai sempre più debole, facendo un altro passo in avanti aiutandomi con le ali per l'equilibrio abbassando la testa, troppo pesante per essere retta dagli ormai deboli muscoli del collo. Lo sguardo mi si portò automaticamente verso la mia ultima ferita, una lacerazione profonda nonostante le squame dure e cosparsa di un liquido giallognolo...
Finalmente ricollegai, sforzandomi ad alzare un minimo testa per guardare gli alberi attorno a me: da incauta ed immemore dei discorsi avuti prima della battaglia, avevo ucciso la Chimera mordendo la testa sbagliata, meno pericolosa... Ed adesso ne pativo le consegueze, mentre il veleno del ragno mi scorreva nelle vene.
Spostai nuovamente lo sguardo verso i miei amici, e feci qualche passo verso di lei, per esserle vicini mentre crollavo nel sonno profondo e comatoso di cui mi avevano narrato: avevo un'irresistibile voglia di averli vicini, di avere come ultima immagine i loro volti prima di piombare in un abisso ignoto, dal quale non sapevo come mi sarei risvegliata.
Avanzai ancora, ma le zampe non ressero, e mi accasciai sgraziatamente al suolo, in uno strano movimento avvitato e scomposto: sentii una mia ala toccare qualcosa, ed il dolore del marchio che mi invadeva, seppur attutito dalla fatica... L'aria fu però lacerata da un rugito terribile.
A terra, voltai la testa verso Squama: era lui che gridava, mentre il suo intero corpo di quel bel colore smeraldo si riempiva di righe simili a ferite mal cicatrizzate: avevo sbagliato, una volta di più... Ed a causa del mio errore, anche lui ora era un Rinnegato.
Sentii una lacrima farsi strada su una mia guancia: deglutii a vuoto, respirando con maggior affanno. Poi mossi appena la testa verso Selvaggia e la guardai: anche il viso dell'Elfa era ormai rigato dalle scie argentine di lacrime versate, ed i suoi singhiozzi erano strazianti quanto il potente ruggito di Squama che ancora alleggiava nell'aria.
Le forze ormai mi stavano abbandonando completamente, mentre la mia mente s'annebbiava sempre più ed il mio respiro mutava pian piano dall'affanno a rantoli lenti... Forse l'esperienza più vicina alla morte che avessi mai provato.
Fu forse per questo che mi sentii in dovere di dire quell'unica parola, prima di finire nel completo oblio: frutto delle mie ultime forze, flebile ma udibile da entrambe quelle creature così care a me.
Non molto, un'unica parola: -Perdona...temi-
Poi chiusi gli occhi e caddi nel sonno spinoso da Addormentata nel Bosco.