Mi ritrovai a correre in un enorme labirinto, da umana, conscia che qualcosa dietro di me stava avanzando ruggendo forte, cercandomi. Provavo un folle terrore: ogni volta che voltavo un corridoio finiva e dovevo voltare l’angolo o dovevo decidere tra due corridoi pregavo con tutte le mie forze che non vi fosse un vicolo cieco. L’uscita da quel posto, se davvero ne fosse esistita una, era l’ultimo dei miei pensieri: l’importante era fuggire, fuggire, fuggire…
Ad un tratto, girando per l’ennesima volta in un nuovo corridoio, trovai di fronte a me un solido muro: mi voltai, completamente paralizzata dal terrore. Forse facevo ancora in tempo a tornare indietro e seguire un’altra via, forse potevo farcela a distanziare la creatura, a confonderla… Ma la paura dell’essere la cui immagine sfuggiva alla mia mente mi lasciava paralizzata sul posto, troppo timorosa di avvicinarmi a lui anche solo per un istante nella fuga per muovermi.
Ad un tratto, lentamente, la creatura mi si mostrò: un drago enorme, dalle fauci spalancate. Urlai forte nel vederlo, terrorizzata, appiattendomi alla parete che mi impediva la fuga da quell’essere. La creatura avanzò maestosa, gli occhi fiammeggianti. A poco a poco, però, percepii dei tratti familiari nel dragone, qualcosa che mi rievocava ricordi che non potevo rammentare: anche la mia mente era in un vicolo cieco…
L’essere si portò proprio di fronte a me, poi alzò una zampa sopra di me: era palese ciò che stava per fare, ma non potevo sfuggire in nessuna maniera. Vi fu un momento di pura agonia nell’attesa, poi l’arto calò su di me, schiacciandomi…
Mi svegliai di soprassalto, ansante: ero nel mio letto, a casa. Mi sembrava di aver fatto un incubo terribile, ma non me ne rammentavo assolutamente nulla: avevo solo la certezza che riguardava qualcosa di estremamente terrificante… Deglutii a vuoto, alzandomi: avevo una sete incredibile.
Andai in bagno, troppo sfiancata per raggiungere la cucina, e lappai l’acqua direttamente dal rubinetto: tuttavia, non provai alcun sollievo. Distrutta, alzai la faccia verso lo specchio per vedere in che stato fosse il mio volto: davvero un brutto aspetto… Sorrisi a me stessa come per tentare di tirare su il morale al mio riflesso, senza grande risultato, per poi abbassarmi a sciacquarmi il viso. Rialzandomi per vedere se andava meglio, trovai il mio riflesso nella stessa identica posizione di prima, ma contorta in un ghigno perverso.
Stavolta non ebbi il tempo di stupirmi, né di provare paura: l’immagine si protese verso di me, e le sue mani, le mie mani, si gettarono al mio collo, premendo sempre più, soffocandomi. Mi dibattei, ma l’aria non smise di mancarmi: stavolta, l’agonia era nella sofferenza della morte non rapida. Chiusi gli occhi, dibattendomi sempre più…
Passai attraverso a molti mondi diversi, accomunati dalla stessa dinamica dei fatti che avvenivano in essi: ero da qualche parte, sola, venivo attaccata ed uccisa da qualcuno… E da lì si ricominciava. Ogni volta che la storia si ripeteva, non ricordavo i dettagli del mondo che avevo appena passato: avevo solo una vaga percezione delle sensazioni che avevo provato là… Tuttavia, man mano che il gioco veniva riproposto ed il terrore degli ultimi momenti non mi sembrava più tanto originale ed unico, cominciavo a percepire in maniera diversa ciò che stava accadendo, per poi arrivare ad escogitare una semplice contromossa mentale: ovviamente, era inutile scappare… Così mi limitai ad accettare la questione con calma, ricordando a me stessa che ciò che stavo vivendo non era che una futile matrioska di sangue nella quale omicidio non significava morte… L’unica era sperare che, prima o poi, sarebbe finito.
E poi, mi ritrovai in forma di drago a vagare in una distesa di nebbia lattiginosa: non avevo assolutamente percezione del perché mi trovavo lì, nè di come ci fossi arrivata... Sapevo solo che dovevo andare avanti, volteggiando con apparente sicurezza verso una meta di cui non sapevo nulla.
Ad un tratto, vidi un piccolo spiazzo privo della nube accecante, appena percepibile perfino per la mia vista sviluppata a causa della colorazione lattea del suolo: lì atterrai, decidendo fulminea che da quel momento dovevo continuare ad arrancare a zampe.
Ebbi appena il tempo di richiudere le ali, quando percepii qualcosa dietro di me: voltandomi, vidi un corridoio nuovo, appena creatosi tra la nebbia: in mezzo a questo, spiccava una figurina microscopica, a quache balzo di distanza.
Nel vederla, mi sentii pervadere tutto l'animo da un senso di rassegnazione, intenso perfino in un sogno: eccolo là, il mio assassino... pensai scrollando la testa ed avvicinandomi: non aveva senso scappare... Anzi, da un certo punto di vista, forse avvicinandomi sarei riuscita a far finire prima quell'ennesimo incubo.
Raggiunsi in pochi attimi la creaturina per terra: era una specie di peluche, una palla di pelo simile ad un topo dagli occhi chiusi ma con la coda a punta e le zampe dalle dita sottili, simili a quelle delle lucertole.
Mi accovacciai accanto all'esserino, che mi sorrise mostrando una chiostra di denti acuminatissimi.
-Adesso mi tocca pure essere mangiata da un topo: di certo il mio subconscio sta esaurendo la fantasia...- commentai sarcastica dando con la zampa un colpetto all'animaletto, che rialzandosi dalla botta si rizzò sulle zampe posteriori.
Avvicinai il muso al suolo, in modo da portarmi per quanto possibile all'altezza degli occhi dell'esserino.
-Avanti... Colpiscimi qui, in mezzo alla fronte: almeno per una volta voglio evitare di soffrire l'agonia...-
Il topino si avvicinò barcollando sulle zampe posteriori, per poi posare una delle due zampe alla mia fronte: strano che per una volta i miei sogni seguissero la mia volontà...Proprio mentre formulavo questo pensiero, sentii le unghie della zampa del topo trafiggermi il cranio da parte a parte.
Per un momento fu tutto nero. Ah, questa volta è stato veloce ed indolore, pensai...
Quando la tenebra si dipanò, mi accorsi esterrefatta di ritrovarmi nello stesso mondo di nebbia di prima... Soltanto molto più in alto, senza riuscire a smettere di salire.
Provai ad abbassare la testa per dirottare la mia salita, ma l'unico risultato che ottenni fu quello di continuare a salire a testa in giù, guardando il suolo che si allontanava... E con esso, una grossa sagoma di un bianco più puro rispetto a quello della nebbia: il mio corpo da drago.
Sgranai gli occhi, guardandomi gli arti: le zampe possenti avevano lasciato il posto a dita affusolate, da umana... Dita che tuttavia erano appena visibili, dita che lo sguardo poteva attraversare.
Disorientata, presi a guardarmi intorno: il moto del mio corpo etereo pareva essersi praticamente arrestato, anche se non potevo esserne sicura a causa dell'apparentemente infinito candore che mi circondava...
Fu proprio per questo bianco così totale che ebbi modo di notarlo quasi subito: una piccola nube nerognola non troppo lontana da me... No, non una nube: era un insieme di piccoli animaletti... Un branco della specie di quel topo che mi aveva fatto divenire di quella forma eterea.
Prova improvvisamente un crampo di paura, diverso da quello delle altre volte: in quello specifico sogno non solo non ero più un drago, ma non avevo nemmeno più un corpo... Mi sentivo incredibilmente nuda e vulnerabile.
Tanto è solo un sogno... Pensai per tranquillizzarmi, chiudendomi a uovo ed attendendo la fine.
Fu solo quando il primo simil-topo mi colpì sulla spalla con le dita argigliate che compresi la diversità di quanto stavo vivendo rispetto a tutti gli altri miei sogni: il dolore che provavo, l'accellerazione del battito, l'odore del sangue... Era tutto molto, molto più reale rispetto a tutti i sogni che avevo vissuto non solo in quei momenti, ma anche in tutta la mia vita. Quello non era un sogno: mi trovavo bloccata in una specie di stasi tra mondo reale e subconscio, e stavo maturando la certezza che, una volta morta lì, non mi sarei più svegliata nè in un nuovo sogno, nè nella realtà nè in qualunque altro posto.
Fluttuando nell'aria, i topi cominciarono a sciamarmi contro: riuscii a scalciarne via un paio ed ad allontanarne altri con le mani, ma da così indifesa sarebbe stato impossibile allontanarli tutti... Mi furono addosso in un attimo, e presero a mordermi con foga, graffiandomi con gli artigli.
Mi stavano divorando viva... Nonostante il dolore indescrivibile, presi a lottare con tenacia degna di un drago per riuscire a sottrarmi almeno per un momento a quella tortura: riuscii ad agguantare con la mano uno degli esserini, e mentre aveva ancora la bocca aperta lo feci atterrare dopo uno sforzo immane sul capo di un suo compare. Come risultato, nel chiudere la bocca pensando di addentare un lembo del mio simil corpo l'esserino morse un suo compare, provocandogli una profonda ferita alla nuca dalla quale uscì del sangue d'un arancio acceso.
Non appena la prima goccia di sangue macchiò il pelo del topo che era accanto a loro, cominciò il caos: tutti quegli esserini presero in un lampo a mordersi tra di loro, forse eccitati dal loro stesso sangue... E più si mordevano, più sangue usciva, instaurando un circolo vizioso per loro ma che io potevo volgere a mio vantaggio: muovendomi lentamente, mi allontanai fluttuando via muovendomi come se stessi nuotando, ma molto più attenta a non colpire nessuno di quegli esseri.
Spostando gli occhi da quella nera massa informe, guardai il mio corpo draconico lì in basso: se fossi riuscita a raggiungerlo, forse, sarei riuscita a tornarvici in qualche modo all'interno...
Cominciai a muovermi verso di esso, come se stessi nuotando, muovendo in sincronia braccia e piedi doloranti per i morsi subiti: era quasi facile, tendere l'orecchio per capire quando i topi avessero smesso di litigare mentre continuavo ad arrancare in avanti. Eppure, quel corpo continuava a ad essere ancora così lontano, così inavvicinabile...
Percepii con orrore che gli schiamazzi dietro di me stavano scemando velocemente.
Feci per dare due bracciate più forti, ma non sarei mai riuscita a raggiungere la mia sagoma in tempo, me lo sentivo bene... Arrischiai a dare un'occhiata dietro di me: i topi, chi mutiliati chi semplicemente sporchi di quel liquido arancione tanto strano, avevano ripreso a guardarmi con occhi truci, avvicinandosi verso di me ancora una volta, le zampe dai lunghi artigli protese in avanti. Senza più voglia di fuggire, mi parai il capo con le mani, accucciandomi...
Passò qualche istante... E non successe assolutamente nulla. Tremando tutta per la tensione, mi arrischiai a guardare al di là delle mie braccia: apparentemente, sembrava che gli animaletti si fossero fermati... Eppure, c'era qualcosa che non andava: anzitutto, la visuale davanti a me appariva, di tanto in tanto, sfocata. E poi... Cos'era quel rumore di sottofondo, come un vento potente e continuo?
Uno dei topi, con espressione arrabbiata, riprese la sua corsa furiosa verso di me. Feci per pararmi di nuovo, ma non ve ne fu bisogno: quando fu a circa un metro di distanza da me, l'essere parve sbattere addosso a qualcosa e fu sbalzato via.
Sgranai gli occhi, sorpresa: E' questo vento... Ma fino a poco tempo fa non ve n'era traccia! Ed io non sono capace di creare del vento dal nulla! pensai sbattendo le palpebre più volte. Eppure... In quel mondo così ostile, da cosa veniva quella potente barriera?
I miei discorsi furono interrotti quando percepii che qualcosa mi si era poggiata sulla spalla, qualcosa di leggero come una brezza; ma che emanava un tale calore da confortarmi anche solo con quel lieve tocco.
Mi voltai, allarmata nonostante la sensazione positiva derivata da quel contatto, distinguendo una manina bianca poggiata sulla spalla e da lì risalendo fino al volto di quell'essere...
Era una bambina: il delicato volto dai chiarissimi occhi grigio-azzurro era incorniciato dai capelli d'un bel marrone, sciolti se non per due piccole crocchie ai lati del capo.
Eppure... C'era qualcosa di particolare in quella piccola figura, che mi faceva desiderare con tutta me stessa di proteggerla, ma allo stesso tempo di tenermene a distanza, per rispetto nei suoi confronti. Forse per la presa delicata ma salda sulla mia spalla, forse proprio per quegli occhi, limpidi ma vissuti... E, lo notai solo in quel momento, resi ancor più particolari dal colore delle pupille: bianche, solo con un leggero alone di nero lungo i contorni di esse...
La bambina mi sorrise, anche quando feci un passo indietro per distanziarmi da lei e per guardarla meglio: il piccolo corpo era avvolto da un vestito bianco e celeste, legato con una fascia all'altezza della vita e che, seppur coprendole le braccia, lasciava comunque intravedere i piedi nudi...
E poi, altro dettaglio, si manteneva sospesa alla mia altezza grazie ad un paio di grandi ali, candide e luminose, malcelate da quella figurina tanto esile.
-Non devi preoccuparti- mi disse con la più adulta delle voci di bimba -Non permetterò che ti provochino altro dolore... Che ti sfiorino una volta di più. Lascia fare a me... E rimani a riposarti in questo piccolo cantuccio tra le braccia del vento-.
Dopo aver parlato, peredendo un ultimo istante per sfiorare le spalle semi invisibili della mia figura eterea, si diresse un po' volteggiando un po' camminando per aria verso il muro d'aria davanti a me: senza mutare l'andamento della sua avanzata, si limitò ad oltrepassare quella potente barriera quasi questa non fosse nemmeno presente, con l'eleganza inconsapevole di un airone.
Adesso si trovava davanti a quei topi demoniaci, senza nient'altro che la separasse da quell'orda... Parlò di nuovo, e la sua voce mi pervenne ovattata a causa del sibilare del vento di barriera:
-Voi, esseri consacrati alla mia compagna d'Ombra... Allontanatevi da questa creatura, oppure avanzate verso la vostra fine-. Il tono stavolta era molto più serio, freddo, come una tormenta di neve: incuteva un timore reverenziale, che quasi costringeva a seguire ciò che lei diceva.
Dopo essersi squadrati l'un l'altro, gli esseri si voltarono per allontanarsi lentamente, riluttanti ma troppo intimoriti per contrastare quella bambina...
Tuttavia, ad un tratto, uno dei topi più grandi si girò di scatto, e con furia si diresse a grande velocità verso la creatura alata. Le zampe dell'essere si protesero in avanti, le dita crebbero di dimensione, la bocca si spalancò mostrando le zanne: da quanto potevo capire dalla mia posizione, puntava direttamente al collo della piccola! Scattai in avanti instintivamente, troppo lenta per riuscire a fare una qualsiasi cosa per aiutare la creatura alata...
Un istante dopo, una raffica di vento tanto forte, diretta e controllata da apparire quasi visibile sibilò abbattendosi sul topo, per poi proseguire la sua furia attraverso esso, tranciando di netto la creatura in due senza che questa riuscisse nemmeno ad emettere un fiato.
Se non fosse stato per il muro d'aria che aveva anticipato la sua apparizione poco prima, avrei dubitato che quella piccola fosse in qualche modo coinvolta con quel fenomeno agghiacciante, dato che era rimasta impassibilmente immobile sul posto per tutto il tentato attacco del topo e mentre esso veniva segato dal vento... Eppure, proprio questa impassibilità rendeva inequivocabile il suo coinvolgimento nella faccenda: era una freddezza in qualche maniera colpevole, non del tutto distaccata dall'evento.
Il corpo del topo rimase sospeso a mezz'aria per un altro istante, poi si dissolse in polvere. Fu abbastanza: gli altri topi, che a distanza avevano assistito a tutta la scena, non persero tempo e si diedero alla fuga nella maniera scomposta dettata dal terrore.
La scena era stata veramente agghiacciante nella sua cruda freddezza: ne ero partecipe in quanto spettatrice, eppure al medesimo tempo distaccata come se ciò che era accaduto non fosse stato niente di più che una scena di un film...
Non che fosse un problema legato alla morte: avevo ucciso anche io, in quel periodo, per sopravvivere. Eppure qualcosa mi portava a pensare che, nonostante avesse fatto tutto quello per difendermi, la bambina non avrebbe esitato a farmi fare la stessa fine di quel misero topo, anche a tradimento nei miei confronti.
Fu solo quando i topi furono niente più che una macchia indistinta all'orizzonte che la bimba-angelo si voltò nuovamente verso di me, sorridendo con aria innocente: la cosa, per quanto fosse possibile, mi fece inorridire ancora di più.
-Adesso sono andati via, visto? Avanti, avvicinati: dobbiamo parlare...- disse con voce dolcissima, facendo un gesto con la mano: velocemente, il vento che mi circondava si dissolse in un fruscio delicato.
Era strano: quella barriera di prima era palesemente governata da lei, ed a quanto pareva solo lei poteva attraversarla... Allora, perché dissolverla, se voleva farmi del male? Non sarebbe stato molto più semplice attaccarmi entrando in essa, così da limitare la mia fuga? Forse, davvero quella piccola non aveva intenzioni ostili... Ma nel dubbio, era meglio non compiere mosse avventate.
Così, decisi di rimanere a distanza di sicurezza, cammuffando il mio scetticismo nei suoi confronti temporeggiando a parole.
-Chi sei? Perché mi hai salvata?- chiesi allora, donando in quelle semplici e banali parole un tono allarmato e grato al medesimo tempo: una maniera efficace per non raccontare menzogne omettendo parti di verità.
L'angelo sorrise amaramente, ed il suo volto si corrucciò in una strana espressione, un misto di rassegnazione e dolore: non capii come fosse possibile, ma mi parve che con quella domanda le avessi fatto più male che se l'avessi trafitta... Tuttavia, qualsiasi cosa fosse, durò un attimo: un battito di palpebre, e negli occhi fu di nuovo distinguibile solo un'eterna dolcezza.
-Il mio nome è Atrebil, giovane Iris. Avremmo dovuto conoscerci tempo fà, ma non ho potuto...-
-Come sai il mio vero nome? Come puoi saperlo?- la interruppi attonita, sentendomi più che mai ostile a quella figurina.
La bimba sospirò piano, guardandomi con aria comprensiva. -Beh, mi sembra ovvio: perché qui siamo nell'unico luogo in cui io e te possiamo essere collegate seppur a distanza. L'unico posto in cui posso mettermi in contatto con te, grazie alle mie capacità... E dove posso ricavare informazioni anche da cose non manifeste, carpendole direttamente dal tuo subconscio- rispose, senza specificare nulla. La guardai strizzando gli occhi, come se riuscendo a meglio inquadrare lei mi sarei ritrovata a comprendere meglio anche quello che aveva detto: ciò in cui ci trovavamo era un mio sogno, seppur distorto e dolorosissimo. Ma quale essere poteva riuscire a carpire informazioni così private attraverso delle semplice proiezioni del mio cervello? C'era una sola creatura che mi veniva in mente , l'unica che sembrava adatta a questo compito.
-Sei... Bijuk? Bijuk-kan, Dragonessa d'Aria e Protettrice dell'elemento, nonché mia Maestra di un tempo?- domandai titubante, speranzosa: dopo tutto, eravamo in un sogno... Ed io stessa avevo cambiato aspetto innumerevoli volte durante il mio ultimo incubo: che fosse una trasposizione della Dragonessa nel mio spazio mentale?
La creatura si avvicinò lentamente, con una tale naturalezza che quasi non ne notai i movimenti.
-No. Ella non è me... Eppure, si può dire che nessun essere mi è più vicino di lei: perché in quanto Drago d'Aria ella è mia figlia, ed in quanto Protrettrice è incaricata di difendermi. Io le ho dato la vita, ed allo stesso tempo le ho dovuto la mia esistenza per tante e tante volte-.
Sgranai gli occhi a quella affermazione: -Sei... Uno Spirito? Lo Spirito d'Aria?- domandai esterrefatta: effettivamente, la descrizione con quanto Squama mi aveva detto prima del nostro incontro con le Chimere tornava. Eppure... Se uno spirito era un Creatore, una specie di Dio, perché aveva ucciso in maniera tanto atroce una delle sue creature? Aveva preferito salvare me, invece che lasciare che la natura seguisse il proprio corso... Che razza di giustizia divina era quella?
Atrebil annuì in risposta alla domanda, senza perdere il suo dolce sorriso. -E' esatto, Iris: e so che molti dubbi e molte domande affollano la tua mente. Però, dovremmo rimandare tutto a più tardi: come puoi notare, ti stai appesantendo- disse. Solo allora mi resi conto che, in maniera gradualmente più veloce, stavo perdendo velocemente di quota. Spaventata, provai instintivamente a spalancare le braccia, ma non vi era membrana nè piume di sorta che, in un corpo diverso, mi avrebbero permesso di planare.
Non appena la mia velocità di discesa aumentò ancora, tuttavia, percepii le piccole mani dello Spirito avvolgersi al mio braccio, e dopo uno strattone la mia caduta s'arrestò. Guardai in alto: le bianche ali di Atrebil si erano fatte immense, sproporzionate al corpo seppur eleganti nell'insieme, e sbattendole appena l'infante mi poggiò incolume sul terreno, accanto al mio corpo di drago ancora immobile sul posto. Dopodichè, mi atterrò accanto: le sue ali si ridussero immediatamente di grandezza, tornando proporzionate al resto del piccolo corpo.
-Ecco... Adesso non rimane che aspettare. E nell'attesa, potremo parlare quanto vuoi- concluse con voce semplice. La ascoltai appena, dirigendomi verso il mio corpo draconico: come un'immensa statua bianca, l'involucro era rimasto fermo immobile, e risultava freddo al tatto. Alzai lo sguardo, approfittando dell'occasione per riminarmi dall'esterno: nonostante lo sguardo spento, vuoto, la me draconica che avevo di fronte non poteva non incutere un certo tremore. Ecco come si sentivano le mie vittime, prima di essere dilaniate... Come si sentivano tutti i conigli, i cerbiatti e gli altri erbivori prima di essere divorati. Mi voltai verso Atrebil con un brivido, sentendomi impovvisamente molto vulnerabile: -Sai come faccio a rientrare là dento? Come faccio ad uscire da questa dimensione?-
-Per uscire devi rientrare in quel corpo... E per rientrare in quel corpo, avrai bisogno di attendere un po': ora come ora, l'involucro della tua anima risulta danneggiato dall'attacco di quei parassiti... Dovrai attendere qui fuori finchè tutto si sarà rimarginato-.
La guardai senza capire, così ella si diresse verso di me con un battito d'ali, e prendendomi delicatamente un braccio tra le mani mi indicò con la punta del dito una delle ferite infertemi dai topi di poco prima: ora che ero più calma e che il sangue si era fermato, potevo notare un bagliore soffuso provenire dall'interno della ferita.
-Quella luce che vedi è la tua essenza, la tua vera anima. Ogni essere vivente, oltre al proprio involucro carnale, possiede svariati strati prottettivi che proteggono il vero io di ciascuno dalla crudeltà del mondo esterno... Gli esseri di poco fa erano delle creature appositamente sviluppate per nutrirsi dell'Anima e dei suoi involucri: grazie ai loro poteri, si fanno via via strada nella coscienza di un inviduo indebolendone e dilaniandone le protezioni dell'essenza man mano che procedono con l'opera, fin quando non arrivano a prosciugarene l'anima vera e propria. Ciò che rimane di un essere in questo stato è semplicemente l'involucro carnale, al di fuori dei sogni, che è costretto a perire per mancanza della propria essenza oppure, nei rari casi in cui frammenti dell'anima sono stati risparmiati dalla furia del parassita, a rimanere inconsciamente trattenuto tra vita e morte, in uno stato vegetativo e di stasi...Hai corso un grande rischio, Iris-StelladiGhiaccio- concluse con voce via via più grave la ragazzina, guardandomi con l'espressione di una bambina che, passato un incubo, si rassicura dopo aver trovato il proprio orsacchiotto.
Rabbrividii a quelle parole, rammentando vagamente tutti i tremendi incubi e gli attimi di agonia che avevo vissuto da quando avevo chiuso gli occhi nel mondo reale: quindi, ogni vita che avevo perso molto probabilmente rappresentava un involucro... Evidentemente, se mi fossi battuta di più avrei evitato di ridurmi in quello stato così penoso.
-E dunque... Adesso che devo fare?- ribattei debolmente, titubante, come se avessi distrutto qualcosa di complicatissimo.
Lei sorrise un'ennesima volta, rassicurandomi con il calore del suo sguardo mentre tastava delicatamente la ferita luminosa, come per controllarne le condizioni: -La maggior parte dei tuoi scudi sono stati completamente divorati da quel branco dei parassiti: rimangono solo l'involucro del Drago e quello che ancora è attaccato all'anima. Tuttavia... L'essenza stessa non è stata intaccata, e questo è l'importante: il tuo spirito non ha dunque perduto nulla. A questo punto, non ci resta che attendere che lo scudo ancora attaccato all'anima si risaldi, e poi ti aiuterò a rimpiantarti nuovamente nell'involucro draconico: da lì, nel giro di poco il resto degli involucri si riformeranno da soli-.
Se è possibile, la spiegazione mi fece sentire ancora più vulnerabile... Mi strinsi tra le braccia, sentendo improvvisamente freddo e sedendomi accanto al corpo draconico. Lei si accucciò accanto a me, massaggiandomi la schiena con movimenti dolci che tradivano però una certa preoccupazione: era implicitamente palese la sua domanda inespressa.
-E' che... Mi sento così insicura: pensavo di essere abbastanza cresciuta da riuscire a badare da sola a me stessa, o almeno di essere riuscita a maturare un po' da quando sono a questo mondo. E invece... Non riesco a non far soffrire le persone che mi stanno vicino, e sono talmente banale da risultare prevedibile, e quindi manipolabile. E tutti... Tutti qui si aspettano qualcosa da me... Qualcosa che non sarò in grado di fare, perché sono una creatura talmente debole psicologicamente da non riuscire nemmeno a fronteggiare degli stupidi topi!- le dissi sconfortata, sentendomi sull'orlo delle lacrime: si poteva piangere, nella situazione in cui mi trovavo? L'avrei scoperto presto.
Per tutta risposta, Atrebil si limitò ad abbracciarmi in silenzio, circondandomi con le piccole braccia come avrebbe fatto la mia migliore amica, in una sensazione stravagante come un deja-vu. Rimanemmo così per un po', fin quando non riuscii a calmarmi. Solo allora, la bimba parlò: -Non devi preoccuparti di questo, per il momento: nessuno ti chiederà di fronteggiare un nemico potente come quello che ti aspetta ora come ora. Avrai il tempo di rinforzarti, di maturare e di temperare: e nonostante tutto, non sarai da sola davanti al nemico... Non è questa la maniera in cui devi porti adesso: ricordi come, prima, stavi riuscendo a fuggire mentre lottavi, e di come i parssiti ti abbiano poi raggiunto quando hai cominciato a dubitare di te? Ora come ora, l'insicurezza ed il pessimismo portano solo ad indebolirti, a rendere vulnerabile la tua anima indebolendo ogni protezione: e più l'involucro cede, più questi sentimenti impregnano l'anima... Risparmia il pessimismo per quando sarai abbastanza forte da utilizzarlo per renderti conto dei tuoi limiti e le tue capacità, in modo da non commettere l'errore di esser troppo sicura di te: adesso devi solo pensare ad andare avanti. Pensa alle persone che hai abbandonato al di fuori di questo incubo, e trova in loro la capacità di reagire: ti sei solo indebolita parecchio per questo sogno forzato e logorante... Ma sicuramente riuscirai a riprenderti, perché sei una persona più forte di quanto credi in questo momento- concluse sciogliendosi dall'abbraccio.
Era strano come fosse riuscita ad inquadrarmi bene... Sembrava che le sue parole si adattassero perfettamente alla mia situazione: probabilmnete era abituata a parlare con creature nella mia stessa situazione, esseri deboli come...
Scrollai la testa, evitando di pensare a quello e vagando con la mente per cercare qualcosa di diverso su cui concentrarmi: non ci volle molto a rievocare la crudeltà che Atrebil aveva usato, poco prima, nei confronti di quegli esseri, ed a tutto ciò che era legato a quell'episodio. Guardai nuovamente lo Spirito con occhi diversi, tentando di coglierne il lato oscuro: ma la sua innocenza apparente, come spesso mi era già accaduto con i Narug, mi rendeva estremamente difficile il riuscire ad inquadrare in maniera oggettiva la situazione.
-Immagino che tu non abbia finito con le domande...- mi incalzò allora lei, avendo notato il mio sguardo indagatore senza fastidio apparente.
Ero tentata di scrollare rispettosamente la testa, negandomi la possibilità di capire meglio la situazione per evitare in segno di rispetto domande imbarazzanti, ma decisi alfine di cedere alla curiosità: dopo tutto, anche io ero in qualche modo legata a lei... E, considerando la situazione, potevo dire di sentirla emotivamente più vicina del lecito.
-In effetti... Una sola domanda: come può uno spirito come te, madre di tutte le creature, rivelarsi tanto crudele nei confronti di quei parassiti? Non ti posso non esser debitrice per avermi salvata, ma difatti quei topi stavano semplicemente procacciandosi da vivere...-
Lo sguardo con cui mi guardò dopo questa affermazione mi fece azzittire, pietrificata: i suoi occhi erano due lastre di ghiaccio, e mi scrutavano implacabile.
-Loro non sono miei figli... Sono legati solo all'Oscurità, quindi non li ho creati io. Hanno osato mancarmi di rispetto, disobbidendo ad un mio ordine, e per questo hanno pagato come dovevano. E poi...- Abbassando la testa, di modo che i suoi occhi non fossero più visibili, la bambina ridusse la sua voce ad un sussurro appena percettibile. -Non posso rischiare di perderti...-
Subito dopo, però, lo Spirito sembrò riprendersi tornando dolce e tranquilla: -Non posso permettere che la mia cara Bijuck, nè il popolo draconico, si estingua, non trovi? Ne va della mia stessa incolumità... E quindi, proteggerti equivale a proteggere tutta la nazione draconica: un parassita di meno non nuocerà certo in egual misura alla propria razza...- concluse con una scrollata di spalle.
Il discorso sembrava reggere sul piano logico... Tuttavia, non potevo non sentirmi turbata per quella frase detta a bassa voce: non tanto per il contesto, quanto per il tono amaro, lievemente disperato, con cui era stata detta.
-Capisco...- conclusi affatto convinta, sia per il ragionamento che per il resto: ma, per l'appunto, avevo appena instintivamente scoperto quale era il limite invalicabile oltre il quale dovevo astenermi da far domande...
Passarono momenti di silenzio, in cui entrambe godemmo della semplice presenza dell'altra e che ebbero il valore di mille parole: nessuna delle due pareva improvvisamente propensa a parlare...Io per prima, in quanto quel silenzio in compagnia, una volta dipanata una parte dei miei dubbi, mi giovava come la migliore delle medicine nell'aiutarmi a rilassarmi e a tornare ad uno stato di quiete abbastanza profondo da rendermi tranquilla...
Dopo un po', con aria soddisfatta, Atrebil si azlò allontanandosi di qualche passo da me, per poi aprire le braccia come contemplando una creatura splendida: -Finalmente hai raggiunto l'atarassia, la completa quiete dell'anima- disse sorridendomi come una mamma che loda il proprio figlio. -Le tue ferite di questo strato sembrano essere guarite in tempo estremamente breve... Hai fatto un ottimo lavoro-.
Le sorrisi a mia volta, alzandomi per raggiungerla: -Tutto grazie a te, di certo... Da sola non ce l'avrei mai...-
-Non dirlo- mi ammon' bonariamente lei, zittendomi allungando una mano per sfiorarmi la bocca con l'indice, -Di certo non giova alla tua autostima... E devo ammettere che ce l'avresti fatta perfettamente anche da sola, sono sincera: io ho dato solo un piccolo... Ausilio- disse strizzandomi l'occhio: quella complicità mi rendeva estremamente felice, percepivo di aver trovato un'amica fedele in quel piccolo spirito... E di essere in grado di accettarla nonostante le sue ombre: mi sentii piuttosto saggia, per questo.
Spostando la mano dalla bocca alla mia, Atrebil mi condusse con fare gentile verso il mio dinnanzi al mio corpo draconico, rimasto immobile ed inviolato come una statua d'avorio.
-Bene, questo è il tempo che ritorni nel tuo secondo involucro..Ed anche quello di separarci: con i miei poteri ti aiuterò ad uscire di qui, riportandoti definitivamente al di fuori dei sogni-
La guardai commossa annuendo. -Grazie mille di tutto... ci rincontreremo-
-Di questo puoi starne certa... E molto prima di quanto pensi. Comunque... Tieni stretta questa tra le tue mani: ti aiuterà nel tuo viaggio al di là dei sogni-. Con movimenti delicati, prese tra le mani una delle sue belle ali, e staccandone una piuma candida me la porse.
-Ora chiudi gli occhi... E mantieni la mente calma-.
Obbedii, accovacciandomi tra le zampe -le mie zampe- del dragone sopito. Non so esattamente cosa successe dopo: percepii al di là delle palpebre socchiuse un bagliore latteo, penetrante... Poi, fu come cadere sopita nel mio stesso sogno: la mia mente si chiuse, ed io tornai a dormire un sonno leggero e vuoto, privo di incubi o di piacevoli incontri.